Acqua, l'assessore Tutino: "La tariffa crescerà, ma meno che con Iren"

Le prospettive del progetto che vorrebbe la gestione fuori dalla multiutility: "Avremo più territorialità, si potranno controllare gli investimenti". Ma nel piano di fattibilità l'operazione vale 210 milioni di euro, cifre più alte da quelle divulgate fino ad ora

Acqua del rubinetto (foto Cardini, repertorio)

Acqua del rubinetto (foto Cardini, repertorio)

Reggio Emilia, 23 maggio 2015 - ACQUA pubblica? Il dibattito in città è sempre più caldo. E la frattura sta crescendo anche nella pancia del Pd. Ma perché proprio ora? Tutto nasce da un percorso sviluppato dal 2011 al 2014, dopo il referendum che ha fermato la normativa che imponeva la privatizzazione del servizio idrico. Sempre nel 2011 c’è stata la scadenza della concessione a Iren, poi prorogata per contingenza.

Due quindi le ipotesi in campo: scegliere di indire una nuova gara a bando pubblico o la ricostituzione di un soggetto a totale proprietà pubblica per gestire il servizio. Nel marzo 2014 l’assemblea dei sindaci ha votato, all’unanimità, di non andare verso la gara, ma verso la ripubblicizzazione.

E qui entra in gioco l’assessore Mirko Tutino, che su quel mandato unanime ha operato: una serie di incontri culminata nel commissionare uno studio di fattibilità (pagato da Agac Infrastrutture) allo studio legale Bonelli-Erede-Pappalardo (specializzato nelle concessioni di servizi pubblici), Agenia (Agenzia di ingegneri e analisti economici-finanziari) e la società pubblica di Gorizia che gestisce l’acqua (come modello di riferimento).

Tutino, a che punto siamo?

«Lo studio è in fase di completamento, tra poco porteremo ai sindaci un resoconto dettagliato e che indica i passaggi di consegna».

Come funziona adesso la gestione dell’acqua?

«Tutte le reti realizzate prima del 2005 sono in capo a Agac Infrastrutture, 100% pubblica. Tutta la gestione (operativa, raccolta tariffe e investimenti) nel 2005 è passata in capo a Enia, poi a Iren. Gli investimenti prima del 2005, quindi, erano pubblici. Ora, con Iren, fatti con le tariffe. E per fare questo ha contratto mutui. Iren incassa le tariffe, che vengono decise dall’autorità Aeegsi. E poi vengono verificate dall’agenzia territoriale (13 dipendenti e 45 concessioni idriche e di rifiuti da controllare). Questo per dire la difficoltà dell’agenzia di fare questo lavoro».

Quali sono i vantaggi di avere l’acqua pubblica?

«Più trasparenza, più territorialità, più controllo. Questo non significa che attualmente il servizio sia gestito male. Ma sono calati gli investimenti del 30% negli ultimi sei anni, a fronte di un aumento delle tariffe. Eviteremmo anche catene di subappalti e avremmo controllo diretto dei costi operativi».

Perché è così ottimista?

«I contenuti dello studio indicano che il ramo idrico di Reggio può stare in piedi da solo (finanziamenti e sostenibilità economica). Oggi l’acqua è il settore che ha la maggiore remunerazione e impone per legge la copertura dei costi».

Ma con l’acqua pubblica aumenteranno o caleranno le bollette?

«Le tariffe aumentano quando non sono controllati i costi operativi e gli investimenti. Da quando c’è Iren la bolletta è salita del 40%. La variabile investimenti porta a un aumento della bolletta, in ogni caso. Sicuramente non pagheremo noi le buonuscite dei manager, questo è rilevante».

Ma cresceranno o no?

«Le tariffe aumenteranno, ma meno che con Iren».

Quanto costerà questa operazione ai Comuni?

«Il Comune non dovrà sborsare soldi, sono i mutui che sta pagando Iren che passeranno alla Spa pubblica».

E le banche che cosa chiedono a garanzia?

«La garanzia sarà il metodo tariffario. Cassa e banche ci hanno dimostrato interesse significativo sul passaggio di consegne. Parliamo solo di spostamento di indebitamento».

C’è chi dice che l’acqua pubblica sia solo una battaglia ideologica.

«Vicenza, Gorizia, Treviso. Amministrazioni di tutti i colori hanno l’acqua pubblica. Il tema non è di sinistra, ma ambientale: tocca la salute dei cittadini. La decisione di oggi vale per i prossimi 30 anni».

Perché allora non fare una gara pubblica con altri gestori?

«In Italia funziona che il gestore uscente sia sempre il solo a presentarsi alle gare. È sempre così. Non servono a molto».

Il timore di diversi sindaci è quella di mandare gambe all’aria i conti del Comune.

«È un tema che va approfondito, certo. Ma mi pare non sia un’ipotesi plausibile. L’operazione si basa interamente sul modello tariffario, e non servirà mettere a pegno capitali. Vorrei chiarire un punto, però».

Prego.

«Questa non è una mia battaglia personale, è un mandato ricevuto da un referendum e dagli amministratori. Non da meno, era in tutti i programmi elettorali. Qualcuno forse l’ha dimenticato. Comunque, una volta presentato il piano, valuteranno».

 

IL RETROSCENA

NEL frattempo trapelano alcuni numeri. Cifre che circolano all’interno dell’assemblea dei sindaci – che si riunirà la prima settimana di giugno – derivanti dallo studio di fattibilità commissionato da Agac Infrastrutture.  Stando a quanto filtra, infatti, le cifre delle simulazioni sarebbero più alte da da quelle presentate fino a oggi.

L’operazione di ripubblicizzazione dell’acqua varrebbe in totale 210 milioni di euro: 100 milioni di debito che passerebbero dai conti di Iren a quelli della società pubblica, più 26 milioni per la gestione del primo anno (e per ogni anno successivo). La società pubblica, poi, dovrebbe fare i conti con i circa 90 milioni di euro già in carico a Agac Infrastrutture (società completamente pubblica, va detto).  Iren, oggi, paga ad Agac circa 7-8 milioni l’anno di affitto degli impianti. Somma che serve, in parte, a ripianare proprio quel debito. 

Tutto da chiarire, quindi, il modo in cui i 44 Comuni reggiani coprirebbero questa voragine. E, soprattutto, le eventuali perdite. Lo spauracchio, infatti, è quello di un obbligo di accantonamento proporzionale per le amministrazioni, in caso di rosso aziendale, a carico dei singoli municipi. Stando alle proiezioni, infatti, difficilmente la Cassa Depositi e Prestiti e il pool di banche – che si sarebbero già rese disponibili a concedere il mutuo alla società 100% pubblica – lo farebbero a costo zero: in cambio ci potrebbe essere il pegno di azioni, immobili o altre aziende partecipate dalle varie amministrazioni. In più, sicuramente, gli interessi passivi da pagare, pari a circa 7-8 milioni di euro ogni anno.

Un tema ancora tutto da esplorare, poi, è quello dei lavoratori di Iren, che dovrebbero passare alle dipendenze di una società a capitale completamente pubblico. Il loro numero, dunque, potrebbe essere vincolato dalla legge di stabilità e dal turnover, così come gli stipendi. Tutti particolari, questi, che verranno messi sul piatto la prima settimana di giugno e sui quali i 44 sindaci saranno chiamati a esprimere la loro opinione.