Così Alda salvò i soldati italiani a Villarey "Li fece uscire vestiti da donna e da prete"

Anconetana, analfabeta e gran lavoratrice: il dramma di quel 15 settembre 1943 raccontato in un libro dallo storico Marco Severini

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di Andrea Pongetti

La liberazione dal nazi-fascismo narra tanti celebri episodi, conosciuti e studiati sui libri di scuola. Ma dietro alla storia ufficiale, ci sono atti meno noti ma altrettanto eroici, che ci raccontano del coraggio e della voglia di libertà di tanta gente comune, uomini e donne. Donne come Alda Renzi, anconetana, di professione sarta, protagonista di un’incredibile vicenda tema dell’ultima pubblicazione dello storico Marco Severini. Una storia, a lungo sepolta, che merita di essere svelata e tramandata quella di Alda, analfabeta ma gran lavoratrice, vedova e con quattro figlie a carico. È il 15 settembre 1943: senza sparare una cartuccia un manipolo di tedeschi conquista Ancona, "un’occupazione improvvisa – sottolinea Severini – e che si sarebbe potuta ostacolare: in città in quel momento ci sono 4.000 soldati italiani ma i nostri generali, ancora inebetiti dal proclama di Badoglio, non assumono decisioni, consegnando di fatto il capoluogo a uno sparuto drappello di ormai ex alleati. I tedeschi disarmano i nostri soldati e li dichiarano prigionieri di guerra, trasferendoli poi come internati militari nei campi di deportazione in Germania: il 15% di loro non tornerà più". Alda Renzi abita vicino alla caserma di Villarey, dove vengono rinchiusi i soldati italiani in quei giorni tanto confusi quanto drammatici: è vedova da 25 anni ma non si è persa d’animo, continuando a lavorare senza sosta come sarta per sostenere sé stessa e le sue quattro figlie. Quella caserma la conosce bene, perché vi entra praticamente ogni giorno: lava, rammenda e cuce le tovaglie della mensa, ricevendo talvolta come compenso degli avanzi di cibo. Alda Renzi si accorge presto di quello che sta succedendo ad Ancona e proprio non riesce a capacitarsi di quella clamorosa resa ai tedeschi. Decide così di entrare in azione. "Alda, mossa a compassione per quei ragazzi, pensò a come si potessero salvare più vite possibili e si inventò uno stratagemma – ricostruisce l’affascinante vicenda Severini – Aveva notato che i militi italiani potevano ricevere le visite dei familiari: così pensò di travestire quanti più soldati possibile da donna, frate, prete, suora, pur di farli uscire dalla caserma e consentire loro di tornare liberi. Con le sue amiche sarte, per un mese, si mise a cucire, a realizzare abiti, parrucche, ed altro". Non fu sola: straccivendoli, muratori, panettieri del posto, ognuno diede una mano per realizzare un’impresa apparentemente impossibile.

"Un piano difficile e pure molto rischioso – precisa Severini – ma che riuscì: nel giro di un mese vennero salvate dalla deportazione centinaia di persone, circa 400. Questa storia, davvero clamorosa, attendeva di essere raccontata da ben 78 anni". Utilizzando documenti archivistici inediti e confrontandoli coi giornali del passato, Severini, già autore di numerosi libri sulla storia anconetana, lo ha fatto in un volume appena uscito, "Fuga per la libertà. Storia di Alda Renzi e di un salvataggio collettivo nel 1943", edito da Aras, 228 pagine. Terminata la guerra, diverse persone tornarono ad Ancona per ringraziare la benefattrice, che però non c’era già più: era morta poche settimane dopo quel suo gesto d’altruismo, vittima come altri 723 anconetani del bombardamento alleato del 1° novembre 1943. "Fino all’ultimo volle evitare di entrare nel rifugio di Santa Palazia, che poi sarebbe divenuto la sua tomba – conclude Severini – Semplicemente perché, nell’ottobre del 1943, aveva ancora qualche soldato da salvare".