Dall’inferno di Fukushima a Dante "Ecco i mali della nostra epoca"

Il regista jesino Stefano Gagliardi racconta "Mirabile visione", il suo nuovo docufilm "Si va da personaggi storici a eventi del presente. Spero di stimolare i ragazzi ad approfondire"

Dall’inferno di Fukushima a Dante  "Ecco i mali della nostra epoca"

Dall’inferno di Fukushima a Dante "Ecco i mali della nostra epoca"

Come avrebbe scritto il suo ‘Inferno’ Dante se fosse vissuto oggi? Forse alla penna avrebbe preferito una cinepresa, e di spunti da riprendere ne avrebbe avuti a iosa. Lo sa bene Matteo Gagliardi, regista, produttore e sceneggiatore jesino che dopo un lavoro di tre anni è pronto a far debuttare il suo nuovo docufilm ‘Mirabile Visione: Inferno’, che segue il successo internazionale di ‘Fukushima: a nuclear story’ (2016). Dopo l’anteprima a Firenze il 14 febbraio lo si potrà vedere in varie città italiane, come Roma e Napoli, ma anche Macerata e Tolentino, in attesa dell’arrivo ad Ancona.

Gagliardi, cos’è esattamente ‘Mirabile Visione: Inferno’?

"Un film che si distingue dalla programmazione ordinaria, che richiede grande attenzione, non certo adatto ad essere visto su uno smartphone. L’ambiente giusto è quindi il cinema, o le scuole. Infatti molte lo hanno già chiesto. A breve ho un appuntamento al ministero della cultura. In ballo c’è anche Ancona. Il Comune vuol darci il patrocinio per tre giorni di proiezioni: la mattina nelle scuole, e la sera al CinemAzzurro e all’Italia".

Ma qual è stato lo stimolo creativo che ha dato il via al progetto?

"Ho avuto una folgorazione mentre studiavo Giotto per un video da realizzare sulla Cappella degli Scrovegni di Padova, candidata a Patrimonio dell’Unesco. Giotto vi ha dipinto anche il Giudizio Universale. Alla fine del video Massimo Dapporto leggeva le ultime terzine dell’Inferno. L’altra ispirazione sono state le 243 tavole illustrate che della Divina Commedia fece il pittore parmense Francesco Scaramuzza, contemporaneo di Gustave Dorè".

Poi si è trattato di passare dalla ‘teoria’ alla pratica.

"E’ iniziata la ricerca dei finanziamenti, tra crowdfunding e uso di fondi personali. Tutto autoprodotto, senza aiuti pubblici. E’ un progetto in cui credevo. Le risposte sono state positive. La Società Dante Alighieri è stata la prima a patrocinare il film. Poi sono venute tante altre associazioni, perché l’opera affronta temi di grande urgenza, sociali e ambientali".

Come si legano le sue ‘riflessioni’ alle terzine dantesche?

"Innanzitutto c’è un percorso narrativo unitario che usa le tavole di Scaramuzza, colorate e animate. Poi ci sono due personaggi, un prete, figura spirituale, e un’insegnante di liceo, che fanno dei discorsi in base ai cerchi in cui si trovano. Ho fatto ricorso a immagini d’archivio iconiche: si va da personaggi storici a eventi del presente. In un girone si paragona l’Olocausto degli ebrei a quello ambientale. Il fiume rosso che ribolle nell’inferno dantesco si lega al mare delle Isole Faroe dove vengono uccisi i delfini. Il comandante Schettino è evocato nel girone degli ignavi. Ci sono anche gli afghani aggrappati agli aerei in decollo per fuggire dai talebani. E non manca il Covid".

Si può parlare di un film d’impegno morale, ‘pedagogico’? "L’aspetto morale c’è, indubbiamente. Io spero di indurre nei ragazzi una fascinazione per Dante, che a scuola si studia poco e male, e di spingerli a una riflessione autonoma sulla sua opera. L’importante è suscitare un dibattito".

Raimondo Montesi