Figlio riaffidato alla mamma "Due anni di sofferenza"

Dopo la separazione era andata ad abitare a Osimo e il giudice sentenziò che il bimbo rimanesse a vivere col padre a Roma. Poi il dietrofront in Appello

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Nel 2020 aveva sette anni e viveva a Santa Marinella a Roma con i suoi genitori. Quando è sopraggiunto il divorzio la situazione in famiglia è diventata ancora più difficile. La mamma ha deciso di trasferirsi a Osimo perché, oltre a una nuova stabilità affettiva scaturita in un nuovo matrimonio, aveva trovato lavoro. Là non ci era riuscita e vivere con i 300 euro di mantenimento mensili dati dall’ex marito, non era sufficiente. Con lei c’è sempre stato il figlio. L’allontanamento non è andato giù all’ex marito che ha presentato ricorso al tribunale per chiedere l’affido del figlio minorenne, forte del fatto che la donna non avesse trovato un accordo con lui prima di allontanarsi. Nonostante l’affidamento congiunto, la mamma racconta che il piccolo aveva sempre dipeso da lei e aveva visto il padre a fine settimana alterni. La donna si è rivolta all’avvocato Marco Scalseggi dello Studio associato giuridico psicologico Scalseggi-Carsughi di Ancona.

"Il presidente del tribunale di Civitavecchia ha accolto il ricorso optando di fatto per un affidamento camuffato da collocamento nella città laziale – spiega l’avvocato – In pratica ha fatto prevalere la collocazione territoriale (il bambino ha sempre vissuto lì) su altre teorie come quella dell’attaccamento. La mamma in sede di udienza ha affermato di aver comunicato all’ex marito via mail di aver trovato lavoro e amore e le parti hanno raccontato tutto solo attraverso deposizione orale. Il provvedimento è stato punitivo nei confronti della madre, che avrebbe potuto vedere il figlio una volta a settimana e a weekend alterni, pur senza patente, condannata anche a pagare 150 euro al padre per gli alimenti. Abbiamo impugnato il provvedimento alla Corte di Appello di Roma ed è lì che è entrata in azione la nostra psicologa Alessia Carsughi. Il reclamo è stato accolto parzialmente con la ctu psicologica".

Dopo un anno di consulenza psicologica, durante il quale appunto il figlio ha abitato con lui, il padre ci ha ripensato e ha deciso di accordarsi con la madre per trasferirlo a Osimo. La Corte di Appello ha accolto il reclamo e ha modificato la sentenza del tribunale di Civitavecchia riaffidando alla madre il figlio e consigliando al padre di andare a Osimo a trovarlo. "Sono stati due anni di sofferenza per il bambino che è ancora seguito dallo psicologo. Abbiamo combattuto fin dall’inizio facendo uno sforzo doppio, sia per gestire la controparte che contro le istituzioni. Non è stato tutelato il minore".

La psicologa ha aggiunto: "Il presidente non ha tenuto conto del benessere del bambino. Il contesto è importante ma lo è di più la figura primaria di accudimento che in questo caso era la madre. La donna ha sbagliato ma la disposizione punitiva non ha fatto altro che ripetere la stessa dinamica. Oggi il bambino è felice. Prima era irrequieto e lo manifestava anche somaticamente. Il padre non è riuscito a essere presente alla fine. A Osimo ha ritrovato un nucleo familiare e il rapporto è migliorato anche con la figura paterna".

si.sa.