RAIMONDO MONTESI
Cronaca

"Il viaggio è un rischio, si può naufragare". Edoardo Prati alle Muse per l’UlisseFest

Ancona, domani debutto nazionale per "Come è profondo il mare": si va da Omero a Conrad e Melville

Edoardo Prati

Edoardo Prati

Seconda anteprima dell’UlisseFest ad Ancona. Domani (ore 21) Edoardo Prati, ‘giovane divulgatore appassionato di studi classici’, al Teatro delle Muse debutta con il suo nuovo tour ‘Come è profondo il mare’, in cui affronta il tema del viaggio (e non solo) affidandosi a figure come Omero, Baudelaire, Conrad e Melville.

Prati, perché questi nomi? "Diciamo che ho scelto di seguire la linea del naufragio... In realtà il legame è proprio il mare, inteso in senso stretto ma anche metaforico. Il percorso dello spettacolo è come quello dei viaggiatori di cui parlo. Un percorso un po’ romantico, in cui si sa dove si parte ma non dove si arriva. Il rischio è la chiave dello spettacolo. Il senso era quello: cercare nella letteratura chi si è assunto il rischio. E un problema contemporaneo. Sembra che il rischiare vada tolto di torno, per l’enorme paura di perdere tempo. Invece il rischio è una chiave umana e culturale".

Viaggiare è soprattutto un cercare se stessi. Non conta tanto la meta ma il viaggio in sé. E’ d’accordo o sono banalità? "Sono d’accordo, ma non credo nel concetto di banalità. Non mi fido mai di chi accusa gli altri di dire banalità. Quello che è banale per uno non lo è per un altro. Esistono cose vere che sanno tutti ma anche cose vere che tutti si scordano. E’ così. Accettiamo il rischio, perché le cose belle si scoprono anche andando oltre un percorso segnato".

E i classici? Oggi con l’intelligenza artificiale possiamo chiedere un riassunto del ‘Decameron’ in due pagine... "Il problema è quando si riduce tutto a una questione di utilità. Con ChatGPT possiamo sapere di cosa parla il ‘Decameron’. Ma è questo che vogliamo? Non credo sia interessante chiedere a un’opera di raccontare se stessa. Lo è di più chiedergli di raccontare di noi, o del mondo in cui sono nate, o lasciarci immaginare mondi che magari non esistono. Queste sono cose umane, che prevedono il passare del tempo in compagnia delle opere. E questo l’A.I. non può sostituirlo".

L’hanno definita influencer, divulgatore. Sono solo etichette? "Io purtroppo non so come definirmi. Io so quello che faccio. Non so che nome gli si vuol dare. Credo che sarebbe una bella liberazione sapere che si possono fare le cose più che dire di farle. A me piace di più fare che dire di fare".

Raimondo Montesi