ALESSANDRA PASCUCCI
Cronaca

Ancona, omicidio Renata Rapposelli. Ex marito e figlio incastrati da un video / FOTO

Il movente? La richiesta di soldi

Renata Rapposelli e la Fiat dei Santoleri

Renata Rapposelli e la Fiat dei Santoleri

Ancona, 7 marzo 2018 - Sono finiti in carcere a Teramo ieri all’alba Giuseppe e Simone Santoleri, padre e figlio, accusati di aver ucciso e tentato di sopprimere il cadavere di Renata Rapposelli, la pittrice di 64 anni scomparsa il 9 ottobre dopo una visita ai due indagati, rispettivamente ex marito e figlio. La donna, dopo il viaggio a Giulianova dai Santoleri, era stata ritrovata cadavere il 10 novembre in un dirupo sul fiume Chienti, alle porte di Tolentino.

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Secondo il gip Carlo Cimini, che ha accolto l’istanza del pm Andrea Laurino, c’è il rischio di inquinamento delle prove da parte di padre e figlio, che in questi mesi hanno comunicato tramite pizzini per non essere intercettati e stavano per far rottamare la vecchia Fiat 600 con la quale, secondo l’accusa, avevano trasportato il cadavere. Soprattutto Simone, considerato l’autore materiale, consapevole di avere il telefono sotto controllo avrebbe tentato di giustificare le prove che la Procura andava raccogliendo con conversazioni fuorvianti e avrebbe intimidito due testimoni con denunce per diffamazione (la vicina di casa e una amica, che aveva riferito che Simone conosceva la zona di Tolentino).

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Il giudice ha anche ritenuto socialmente pericoloso il 44enne, che avrebbe minacciato la compagna per indurla a testimoniare a suo favore. Secondo i magistrati anconetani, che dopo l’arresto hanno trasmesso gli atti a Teramo (Renata sarebbe stata uccisa a Giulianova), il movente è economico: Simone, stando alla sorella Maria Chiara, aveva già detto di voler uccidere la madre dopo che la donna, a luglio, aveva ottenuto dall’ex marito l’assegno di mantenimento di 200 euro, riducendo così la pensione di Giuseppe, unica fonte di sostentamento di padre e figlio. La donna pretendeva anche arretrati per 3mila euro. A questo si aggiungono rancori risalenti all’infanzia, tanto che Renata aveva raccontato che già nel 2010 il figlio aveva tentato di avvelenarla con il topicida, durante il pranzo per il battesimo della nipotina.

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Secondo la magistratura anconetana, come illustrato dal procuratore capo Irene Bilotta, i due avrebbero ucciso la 64enne per strangolamento, o comunque senza provocarle ferite importanti, tra le 16.30 e la mezzanotte del 9 ottobre, poi l’avrebbero chiusa in sacchi della spazzatura sigillati col nastro adesivo, acquistati il 25 settembre in un centro commerciale di Teramo (stando alla carta fedeltà degli indagati) e non ritrovati a casa Santoleri. Così sigillato, senza il pericolo che emanasse cattivo odore o perdesse liquidi biologici, il cadavere è stato caricato in auto dove è rimasto per oltre 48 ore, finché la mattina del 12 ottobre la Fiat 600 non è stata ripresa dalle telecamere della municipale a Porto Sant’Elpidio e quindi lungo la provinciale Tolentino-Abbadia di Fiastra, che porta dove è stato trovato per puro caso il cadavere.   Completamente inventato, secondo gli inquirenti, il viaggio che Renata avrebbe fatto insieme a Giuseppe fino a Loreto, smentito da due testimonianze (quella di una farmacista e di una istruttrice di nuoto della palestra sotto casa Santoleri) e dalle telecamere, che il 9 ottobre non hanno ripreso l’auto. A incastrare Simone, anche le ricerche fatte sul pc: il consulente Luca Russo ha rintracciato ricerche fatte prima del 10 novembre sul caso Logli per capire cosa gli sarebbe accaduto se il cadavere non fosse stato ritrovato.