Spionaggio, per soli 70 centesimi codici fiscali e quadri patrimoniali

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Al costo di 70 centesimi avrebbe avuto in cambio dati personali come codici fiscali, indirizzi e situazioni patrimoniali di varie persone e aziende. Una vendita sottobanco che un consulente informatico avrebbe ottenuto da un impiegato della Camera di Commercio di Ancona. Per farci cosa? Quei dati il professionista li avrebbe forniti poi ad agenzie investigative e società di recupero crediti per le quali lavorava. Pagando otteneva prima quello che gli serviva. Insomma una agevolazione per non incorrere nei tempi più lunghi della trafila burocratica della procedura che poteva essere richiesta in maniera trasparente allo sportello. Il "giochino" è costato un’accusa di corruzione aggravata e accesso abusivo ai sistemi informatici ad entrambi e ad una indagine che li ha fatti finire dritti in tribunale. Il dipendente, 67 anni, della provincia dorica, andato poi in pensione, ha patteggiato la pena a dicembre scorso, un anno e otto mesi di reclusione. Giovedì si è chiusa la posizione per il consulente, 66 anni, originario di Roma, difeso dalle avvocatesse Elena Martini e Cristina Bolognini, che ha scelto il rito abbreviato per essere processato davanti al gup Alberto Pallucchini. Il professionista è stato condannato ad 8 mesi solo per i dati avuti dal 2015 al 2016 (per gli altri il reato si è prescritto). I fatti, che risalgono ad un periodo compreso tra il dicembre del 2012 e il dicembre del 2016, sono emersi solo nel 2019, dopo una maxi inchiesta della guardia di finanza avviata a Roma su un ipotetico spionaggio incentrato alla vendita di informazioni e dati dove sono rimasti coinvolti anche enti pubblici. Proprio da uno stralcio dell’inchiesta capitolina si è aperto un fascicolo ad Ancona. Da intercettazioni telefoniche e attività investigativa le fiamme gialle sono arrivate al dipendente della Camera di Commercio e al committente, il consulente informatico romano che, nell’arco di quattro anni, gli avrebbe chiesto e avrebbe ottenuto da lui informazioni su quasi 3mila persone, pari ad altrettante visure effettuate abusivamente. A queste avrebbe avuto accesso il dipendente pubblico abusando della sua posizione lavorativa e utilizzando più volte la banca dati della Camera di Commercio protetta da misure di sicurezza. Il costo del rilascio delle visure andava dai 70 centesimi ai due euro che si sarebbe intascato di volta in volta il dipendete pubblico per un importo complessivo, nel tempo, di 10mila euro.

Marina Verdenelli