Stop criminalità giovanile: "Ragazzi, vi porto in carcere. Così vedete cosa significa"

L’idea del procuratore generale Roberto Rossi per due classi di una scuola "Devono capire che se si commettono dei reati non si rimane impuniti" .

Stop criminalità giovanile: "Ragazzi, vi porto in carcere. Così vedete cosa significa"

Stop criminalità giovanile: "Ragazzi, vi porto in carcere. Così vedete cosa significa"

Il carcere apre le porte agli studenti per toccare con mano cosa sia la privazione della libertà se si commettono reati e per vedere come i detenuti possono essere avviati in percorsi di recupero in grado di dare loro un’altra chance nella vita. Due classi dell’istituto tecnico Enrico Mattei di Urbino andranno a visitare il carcere di massima sicurezza di Fossombrone, quello dove sono reclusi detenuti con pene alte da scontare, anche fino all’ergastolo, e per reati molto gravi che vanno dagli omicidi alle rapine fino alle associazioni a delinquere. L’iniziativa, che si terrà il prossimo 3 maggio, nasce su un progetto portato avanti dalla Procura generale presso la Corte di Appello di Ancona e l’ufficio scolastico regionale. Saranno due quinte, con studenti maggiorenni, ad aprire la prima visita di questo tipo ammessa nel carcere in questione.

"Se fosse per me ci porterei tutti gli studenti a visitare il carcere – spiega il procuratore generale Roberto Rossi – intanto iniziamo da questi. Il fine è doppio perché da un lato aiuta a capire ai giovani di oggi che se si commettono dei reati non si rimane impuniti ma si paga con la libertà personale e anche duramente. Dall’altro si realizza quello che spesso rimane solo sulla carta, il recupero del detenuto perché è al termine della pena che si vede chi ha vinto e chi ha perso. L’errore in cui spesso si incorre è pensare che con la condanna la questione è chiusa. Non lo è, anzi è nel carcere che si combatte la battaglia alla legalità".

A Fossombrone, una realtà di 80 reclusi dove sia la direttrice, Daniela Minelli, che il capo delle guardie carcerarie, Marta Bianco, sono donne, i detenuti possono imparare mestieri con laboratori di pittura e artigianato, possono studiare, prendere un diploma e laurearsi. "E’ un carcere modello – continua il procuratore generale – dove il recupero assume un aspetto rilevante perché a farlo sono detenuti che hanno prospettive di uscita molto lunghe, alcuni anche con condanne all’ergastolo, ma vogliono riscattarsi e imparare un mestiere o avere un titolo di studio per poi cercalo fuori un lavoro, una volta finita la pena. Dare fiducia al detenuto aumenta le suo prospettive di recupero". L’idea di aprire il carcere agli studenti è venuta al procuratore in persona, che lo ha visitato e ne ha colto le potenzialità dovendo però anche ammettere che "non tutti gli istituti di pena sono così perché mancano gli spazi per fare certe attività e questo è un male".