Gianni Morandi: "Lassù un asteroide mi protegge. E la mia terapia si chiama Jovanotti"

Il cantante bolognese dall’incidente alla mano di un anno fa al trionfo di Sanremo. "Il tempo? Non so cosa sia"

Gianni Morandi, 77 anni (foto Marco Santangelo)

Gianni Morandi, 77 anni (foto Marco Santangelo)

Giannimorandi. L’asteroide che gli hanno dedicato si chiama così: "A volte guardo il cielo e mi dico che da lassù mi protegge, che il cielo è stato molto clemente con me. Basta che quell’asteroide non cada...", spalanca un sorriso l’eterno ragazzo. Due sedie, la finestra semisocchiusa ("A volte sale l’odore di pasta e fagioli o di ragù, che bello"), gli abiti di scena nelle croci, il tutore appoggiato sul tavolo: non pare proprio l’Ariston dei lustrini, dove Gianni Morandi ha trionfato con un terzo posto a 77 anni e la freschezza dei primi giorni con la maestra Alda Scaglioni. Qui, dal suo camerino senza orpelli, quasi francescano, nel ventre del Teatro Duse di Bologna, il cantante mostra la mano destra. Un anno dopo l’incidente con il fuoco mentre lavorava in giardino (era marzo 2021) le cicatrici sulla pelle sono una mappa della vita, "il ricordo di quelle braci e di come sono uscito dal fuoco", ma anche "uno stimolo".

Morandi, da stasera altri concerti al Duse (26-27 febbraio e tre serate a marzo, 10, 12 e 13). Ma non è stanco? "Finché la gente viene, noi continuiamo, aggiungiamo date. Stanco? Ma no. Piuttosto guardi qui, il mignolo, è storto, mi devo operare, devono darmi una sistemata. Sentirò gli splendidi ragazzi dell’ospedale Bufalini di Cesena e decideremo".

Ripensa a quel giorno, di un anno fa? "Sì, molto. Io col forcale che spingo i rami, prendo il telefono, mi tolgo i guanti e finisco giù, di botto, era una buca bella profonda. Non so come ho fatto a uscirne. Sono allenato e agile, sì. Ma qualcuno m’ha aiutato da lassù: il cielo mi ha dato una grossa mano. E io la mia mano la guardo e penso che sono davvero fortunato".

È successo in piena pandemia. "E l’incidente, combinato con le chiusure, è stato davvero una brutta botta. Poi arriva Jovanotti e l’estate scorsa mi propone un suo pezzo, L’allegria . Quella canzone è stata una terapia, di sicuro per lo spirito. Ed è stato il viatico per Sanremo e per Apri tutte le porte . Potevamo andare ospiti, ma non sarebbe stata la stessa cosa. A Sanremo conta la gara e allora ho detto sì".

Fuori dal Duse ci sono decine e decine di fan in coda, ogni sera. Silvia, Daniela, Franca e Paola l’hanno vista decine di volta nella loro vita. Ma dicono che una energia così non l’hanno mai vista. Da dove arriva? "Dalla gente. La gente mi ha dato tanto: io l’avevo anche persa, la gente. E so cosa vuole dire non avere seguito. Energia è voglia di vivere, è ringraziare gli altri. Energia è il pubblico. E dopo due anni chiuso in casa, beh, con questa cappa pandemica, abbiamo tutti bisogno degli altri".

Come per molti artisti a Las Vegas, il Duse è diventato la sua ‘residenza’. "Io però non faccio tutte le sere un concerto! Ma questo è il teatro della mia città, ha qualcosa di bolognese, un sapore di ragù, anzi di tagliatelle. Non è un caso che qui abbia debuttato Lucio Dalla, da ragazzino. Il mio amico Lucio: lui, per me, c’è ancora. Anche a quasi dieci anni dalla sua morte".

La sua canzone di Sanremo è un inno a fare "entrare il sole". Un simbolo per questi giorni di uscita dalla pandemia? "Parte dicendo che ‘a forza di credere che il male passerà, sto passando io. E lui resta’. Ma poi inizia la ricerca di trovare una forza dentro, interiore. E da qui nasce l’esigenza di aprire le porte, di fare entrare il sole. Io non so se sta passando tutto,ma di sicuro dobbiamo ritrovare la voglia di stare insieme, di passare momenti di serenità".

Ma il mondo dello spettacolo fatica ancora a ripartire. "La cultura ha un ruolo fondamentale: decine di migliaia di lavoratori sono ancora a casa. Però dobbiamo c crederci. Nella vita ci sono alti e bassi. E poi di nuovo alti. La mia storia lo dimostra".

E il tempo che passa? Come lo vive? "Cos’è il tempo? Io sono fortunato. Ho avuto tanto Mi piace essere positivo. Stare in mezzo alla gente. Faccio un lavoro bellissimo. Anzi, il mio non è un lavoro, è un privilegio. Adesso sistemo la mano".