"Io, il Liga e i sogni di rock'n'roll: faccio ancora merenda con Lambrusco e pop corn"

Il 'Respiro del tamburo' del batterista Gigi Cavalli Cocchi, ricordi e aneddoti 'mai successi'

Gigi Cavalli Cocchi a Campovolo

Gigi Cavalli Cocchi a Campovolo

MILANO – In quello straordinario 1990, la pubblicazione dell'album 'Ligabue', il suo successo, i concerti erano andati “ben oltre la nostra immaginazione”. Tanto che Luciano offrì alla sua band una cena di fine tour. Clima euforico e anche un po' etilico. Finché saltò fuori l'idea di “sotterrare una bottiglia di vino da qualche parte insieme a dei biglietti in cui ognuno di noi avrebbe scritto i suoi pensieri su quell'anno così speciale. Presa la bottiglia, recuperata una vanga, iniziammo a scavare fuori Reggio Emilia, sotto il cartello di località Rubbianino. Lì in quella buca riponemmo bottiglia e pensieri”.

Gigi Cavalli Cocchi se li ricorda bene quell'anno e quell'euforia. Sarebbero voluti tornare lì dopo qualche anno per “ritrovare il nostro tesoro”, ma col tempo quel cartello è stato spostato. Impossibile ricordarsi dov'erano seppelliti i loro ricordi. Eppure “mi piace pensare che un contadino un giorno abbia scoperto, mentre vangava quel pezzo di terra, il nostro vino e se lo sia bevuto alla nostra salute”. Gigi Cavalli Cocchi, “capricorno cocciuto con ascendente rock'n'roll”, batterista dei Clan Destino (la band che ha accompagnato il Liga dal 1989 al 1994) e pure nei tre Campovolo, ha appena finito di registrare l'album di Massimo Zamboni (ex CCCP e C.S.I.) e sta per completare un libro illustrato che vuole essere “un viaggio alla scoperta della Reggio Emila sconosciuta, tra parole e disegni”. Lui che è conosciuto pure come il grafico che ha ideato le copertine di 'Ligabue', 'Sopravvissuti e sopravviventi', 'A che ora è la fine del mondo?' e 'Lambrusco coltelli rose & pop corn' (“La cosa più difficile fu trovare l'uva, perché non era stagione e procurarsela diventò una caccia al tesoro”).

Gigi riavvolge il nastro e svela storie di successi e... 'mai successi', che poi “sono tutti quei fotogrammi di vita che la gente non conosce, avvenuti in viaggio tra una data e l'altra di un tour o nel backstage, là dove la telecamera, la macchina fotografica o gli sguardi non arrivano”. Che poi sono il sottotitolo del 'diario di bordo' che Cavalli Cocchi ha scritto per raccontare “un grande amore rimasto immutato”. Quello per la musica e la batteria. “Il respiro del tamburo” è una raccolta a zig zag di ricordi e aneddoti. Partendo dall'incontro ravvicinato con i Genesis nel 1973 a 17 anni nel palazzetto dello sport di Reggio, quando è stato “catapultato nell'incantato mondo del rock da quello di ragazzi di buona famiglia fatto di figurine Panini e partite a calcio nel campetto sotto casa”. Quel concerto lo ha cambiato per sempre. La prima batteria pagata 30.000 lire, oggi costretto a fare i conti con gli effetti collaterali sulla schiena di 40 anni seduto sul seggiolino, in mezzo una vita di passione e successi. E di incontri leggendari, da Steve Hackett a Ian Anderson, da Mauro Pagani a Lino Vairetti.

Alla sua batteria Gigi parla. “Nell'ultimo Campovolo sono stato il primo a salire sul palco – ricorda -. L'ho accarezzata e le ho detto 'Ora diamo il massimo'. Lei è la mia voce e il mio respiro”. Del resto “per strada, ad esempio, io non sento un martello pneumatico, ma lo avverto come un pezzo del mondo che suona”. Perché “il mondo è una gigantesca batteria”. E poi “diciamocelo, non c'è rock'n'roll se non c'è la batteria. Puoi eliminare le tastiere da una band e avrai i Led Zeppelin, potrai fare senza il basso e avrai i Doors, potrai fare a meno della chitarra e avrai Emerson, Lake & Palmer, ma se elimini la batteria, non potrai mai avere una band rock!”. E vaglielo a dire a Gigi e agli altri musicisti di Reggio Emilia che “siamo stati a scuola dai più grandi artisti degli anni Settanta e Ottanta”.

E forse non tutti sanno che “nel nostro palasport è stata composta il 12 aprile 1972, durante il soundcheck pomeridiano, una delle canzoni più importanti dei Genesis, 'Watcher of the skies'”. Gigi s'è fatto grande quando ancora entravi in un negozio di dischi e sceglievi i vinili dalla copertina. Il suo cuore è una cassa di emozioni. E anche di sogni: “Anche un ragazzo che vive in una città di provincia, se ci crede può riuscire. E non importa se sei in un palazzetto, in uno stadio o su un piccolo palco. Crederci e lavorare sodo. Conta anche il destino, certo. Ma quando arriva devi farti trovare pronto”. Poi sì che puoi festeggiare. Anche a Lambrusco e pop corn: “La faccio quasi sempre merenda così! - ci scherza su -. Abbinamento un po' spinto, ma il Lambrusco si sposa con tutto”. E 'prima e dopo il sogno c'è'.