Vaccino Covid, "l'immunità cala dopo 6-7 mesi". I virologi: la terza dose decisiva

Studi internazionali ridimensionano la durata. Il report dell’Emilia Romagna: nei sanitari le difese restano buone

Un reparto di terapia intensiva

Un reparto di terapia intensiva

Quanto durano le difese prodotte dai vaccini contro il Covid? "Nella maggior parte delle persone la risposta immunitaria è duratura, ma decade gradualmente prima nei soggetti fragili, come gli ospiti delle Rsa, per questo appare di buon senso la somministrazione della terza dose a queste persone", spiega il professor Roberto Bernabei, medico personale di Papa Francesco, ex membro del Cts e docente di Medicina interna e Geriatria. Nonostante si stiano verificando focolai negli ospizi e tra i sanitari, stia per partire la scuola ed sia alle porte la stagione fredda, gli studi sui vaccini rassicurano. Tutti le ricerche effettuate puntano su un’alta efficacia di almeno 6 mesi, anche se la variante Delta pone diversi problemi a livello di contagiosità. Israele e Gran Bretagna, due dei Paesi al mondo con il più alto numero di vaccinati rispetto alla popolazione, affrontano una forte ondata Covid, ma le ospedalizzazioni e i decessi restano sotto controllo. La sfida delle nuove varianti è un’incognita, spiegano gli esperti.

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"I dati a oggi sugli antidoti finora approvati si stanno consolidando su una protezione che nei migliore dei casi va dai 9 ai 12 mesi, ovviamente decrescente anche in tempi successivi, però manca ancora una contezza complessiva ed è quasi certo che sarà necessario prevedere, in funzione dell’andamento epidemiologico futuro, delle dosi di richiamo, magari un po’ come nella vaccinazione antinfluenzale, destinate alle persone più fragili", spiega il virologo Fabrizio Pregliasco.

Il microbiologo Massimo Clementi ha bocciato l’ipotesi di un’immunità per 12 mesi: "Più probabile si arrivi a nove mesi con le difese, il Green pass è stato prolungato a 12 mesi per questioni burocratiche". L’assessore alla Salute dell’Emilia-Romagna, Raffaele Donini, ha pubblicato i dati secondo cui "dopo 7 mesi l’efficacia del vaccino sia ancora alta (fino al 95% contro il rischio di morte), con una lieve flessione negli operatori sanitari, al 83%, mentre per gli ospiti delle Rsa l’immunità resta tra l’88 e il 96%".

È uscito poi un nuovo studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, che lancia segnali di allarme sulla precocità del calo di protezione da parte dei vaccini a mRNA. Abbassando di tre mesi, da nove a sei, la durata delle difese contro il Sars-Cov-2. Questa ricerca ha valutato l’incidenza di infezioni sintomatiche tra operatori sanitari californiani completamente vaccinati con vaccini a mRNA, evidenziando come, nel periodo successivo al completamento della vaccinazione e per i successivi quattro mesi (da marzo a giugno), l’efficacia nei confronti della malattia sintomatica si è mantenuta tra il 94% e il 96% per poi calare al 65,5% a luglio.

Gli autori sottolineano che in Gran Bretagna, dove l’intervallo tra prima e seconda dose è stato allungato a 12 settimane, l’efficacia si è mantenuta all’88% contro la malattia sintomatica associata alla variante Delta. "Come si è visto in altre popolazioni che hanno ricevuto il vaccino mRNA a intervalli standard autorizzati in emergenza (12 giorni per Pfizer e 28 per Moderna), anche i nostri dati suggeriscono che l’efficacia del vaccino contro la malattia sintomatica lieve che non necessita di ricovero è considerevolmente inferiore nei confronti della variante Delta e può diminuire nel tempo dopo la vaccinazione", scrivono gli autori.

Prosegue il dibattito in Italia sulla necessità di somministrare la terza dose di vaccino. Ancora in fase di studio nel nostro Paese, il secondo richiamo del siero è stato testato in Israele dove i numeri consigliano la somministrazione a seguito del calo degli anticorpi dopo 9-12 mesi dalla prima inoculazione. A essere d’accordo nel fornire la terza dose è anche Massimo Andreoni, docente di malattie infettive dell’Università Tor Vergata di Roma, che ha sottolineato: "Inizialmente riguarderà le persone fragili, anziane e immunodepresse che rispondono meno alla vaccinazione, ma dovremo procedere in questo senso già dall’autunno o dall’inverno".

Per i sanitari e le persone fragili il richiamo di anti Covid è alle porte, si parla id ottobre, infatti le strutture vaccinali sparse nel Paese non verranno dismesse. In questo senso Moderna ha presentato all’Ema la richiesta per l’approvazione condizionata alla commercializzazione (Cma) del suo vaccino (mRNA-1273) al livello di dose di 50 grammi. Lo sottolinea l’azienda in una nota. "La fase 2 della sperimentazione ha dimostrato che questa dose di richiamo induce robuste risposte anticorpali contro la variante Delta", ha affermato Stéphane Bancel, amministratore delegato di Moderna.