Nobel agli economisti del salario minimo

Card, Imbens e Angrist hanno dimostrato con esperimenti naturali il rapporto causale che c’è tra stipendi, impieghi e istruzione

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di Elena Comelli

Quest’anno ha vinto l’economia reale. Il Nobel per l’Economia 2021 è stato assegnato per metà a David Card e per l’altra metà a Joshua Angrist e Guido Imbens. I tre premiati hanno mostrato che un particolare tipo di esperimenti empirici può essere utilizzato per dare risposta a molte domande sulla società, per esempio per verificare come il salario minimo influisca sul mercato del lavoro. Con i loro studi hanno inoltre mostrato quali conclusioni su causa ed effetto si possano trarre tramite approcci di ricerca empirici. Il loro contribuito in questo senso è stato fondamentale per l’avanzamento delle scienze economiche. A partire dagli anni Novanta, Card applicò questo sistema per analizzare alcuni aspetti del mercato del lavoro.

Uno dei suoi studi più influenti, ha paragonato i lavoratori dei fast food in Stati Usa confinanti, uno dei quali aveva appena introdotto un forte aumento del salario minimo, giungendo alla conclusione che l’incremento della retribuzione non aveva avuto effetti negativi sui livelli di occupazione, contrariamente alle teorie economiche dominanti. Mentre in un esperimento controllato come un test clinico i ricercatori hanno il controllo su chi riceve un trattamento e chi no, in un esperimento naturale i partecipanti possono in un certo senso scegliere se ricevere o meno il trattamento, finendo quindi in un gruppo o in un altro. In queste condizioni è molto più difficile interpretare i risultati, ma Angrist e Imbens a metà anni Novanta mostrarono l’utilità degli esperimenti naturali, nei quali le persone non possono essere obbligate a partecipare all’iniziativa oggetto di studio. Per farsi meglio un’idea di un esperimento naturale può essere utile un esempio pratico. Sapere quanto si potrà guadagnare di più a seconda di quanto a lungo si studia è una necessità sia della società sia dei singoli individui. Si potrebbe rispondere analizzando i dati su quanto guadagnino le persone in rapporto al loro livello di istruzione. Il risultato che si ottiene è più o meno sempre lo stesso: le persone con più anni d’istruzione hanno stipendi più alti.

Si può quindi dire che un anno di istruzione in più renda più alto il proprio stipendio di una certa percentuale? La risposta è no, perché ci sono molte altre differenze tra le persone che decidono di studiare per più anni rispetto agli altri. Negli Stati Uniti, però, la scuola dell’obbligo dura fino al compimento di 16 o 17 anni (a seconda degli Stati), per cui chi è nato nei primi mesi dell’anno può abbandonare la scuola prima di chi è nato negli ultimi mesi dello stesso anno. Mettendo a confronto questi due gruppi di persone, Angrist (insieme a Alan Krueger, scomparso nel 2019) notò che in effetti i nati nella prima parte dell’anno avevano abbandonato prima gli studi e guadagnavano in media di meno.

Poiché la data di nascita di ogni individuo è casuale, i ricercatori utilizzarono questo parametro per stabilire un fattore tra un maggior tasso di istruzione e una maggiore possibilità di avere stipendi superiori alla media. La loro conclusione si rivelò più solida e affidabile rispetto alle analisi che avevano tenuto in considerazione solo gli anni di studio e l’andamento degli stipendi. Problemi simili, nello stabilire eventuali nessi di causalità, oltre a quelli di correlazione, si possono riscontrare in altri ambiti, legati per esempio al rapporto tra l’età e gli stipendi. I tre Nobel hanno dimostrato come si possano utilizzare gli esperimenti naturali per trovare una risposta.