Ostacoli, burocrazia e ospedali "Mio figlio però stupirà il mondo"

Il direttore del Sipe svela i retroscena dell’operazione: "È la prova che i sogni si possono realizzare". Ankara aveva offerto alla famiglia auto, casa e un milione di lire turche. Ma il loro cuore aveva già deciso

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Occhi gonfi e un groviglio di flebo. Sotto le quali, dal letto di un ospedale turco, spuntava il viso addormentato del piccolo Mustafa. È questo lo scatto ricevuto l’11 gennaio da Luca Venturi, direttore artistico del Siena International Photo Award sul suo smartphone. Uno scatto che rischiava di mandare a monte la sottile tela di relazioni e fiducia tessuta con pazienza in tre mesi. "Mustafa ha avuto un problema, non sappiamo se sarà in grado di partire" il messaggino sotto la foto. Quando l’ha vista, Venturi, ha temuto fosse la fine: addio all’ingresso del piccolo e della sua famiglia in Italia. Oggi, mentre lo racconta, prova ancora un brivido. È stato lui il cilindro più potente del motore che ha contribuito a far arrivare la famiglia a Siena. C’è voluto un lavoro di tre mesi filati. E ora si toglie un macigno nello svelare quando l’arrivo sia stata in bilico fino a 24 ore prima della partenza.

"Aveva avuto delle complicazioni di salute – spiega Venturi – che rischiavano di rimandare o far saltare del tutto la sua partenza". Due giorni dopo viene dimesso, ma inizia l’altra partita più dura: quella burocratica. Venturi si attacca al telefono con l’ambasciata italiana in Turchia. Il 13 gennaio scatta il primo ok preventivo alla partenza, il piccolo sta meglio e i documenti sono in regola. "Sono stati giorni difficili, vissuti nell’assoluto silenzio. Durante i quali cercavamo di rassicurare la famiglia, da una parte e lavorare insieme all’ambasciata dall’altra". Il ribaltone del destino è in agguato fino al giorno prima della partenza. "Quando sembrava tutto pronto e già i quotidiani avevano annunciato l’arrivo del piccolo, ho ricevuto una telefonata dell’ambasciata. Mi hanno detto ’Siamo mortificati, non potranno partire’. Il motivo era tutto legato a motivi diplomatici e burocratici. "Erano già pronti i visti e la partenza era imminente". Venturi, è tentato di gettare la spugna e vedere il sogno sfumare. Anche perché tre settimane prima il governo turco aveva offerto alla famiglia, pur di farli restare a casa, per motivi diplomatici, auto, casa, sussidio e circa un milione di lire turche per le cure. Ma il loro cuore aveva già scelto l’Italia. Dodici ore prima della partenza dell’aereo, l’altalena degli imprevisti si rimette a dondolare furiosamente, stavolta dalla parte giusta.

"Arriva un nuovo messaggio dall’ambasciata – racconta Venturi – stavolta mi dicono che è fatta: Munzir, Mustafa, la moglie e le due bimbe devono farsi trovare alle 6.30 davanti casa. Da lì sarebbero partiti per l’aeroporto di Ankara. Durante quelle ore ho manutenuto contatti frequenti con la famiglia, cercavo di fargli capire che stavolta ce l’avremmo fatta, che dovevano crederci. Erano entrati in passato in contatto con molte Ong e persone che gli avevano promesso aiuto e poi non erano riuscite a portare in fondo la cosa. Percepivo la loro legittima diffidenza". Quel rapporto Luca Venturi, lo ha cucito con pazienza nell’arco di settimane, aggrappato allo schermo di uno smartphone e con una mano sempre sul traduttore di Google. Proprio con WhatsApp, il 13 gennaio, ha inviato la prima immagine di Siena che la famiglia avesse mai visto: piazza del Campo sovrastata dalla torre del Mangia. La risposta di Munzir: "Grazie fratello Luca, siamo felici di venire in Italia, ti ringrazio molto. Ti stimo". Perché prima della diplomazia e del fondamentale lavoro svolto dall’ambasciata italiana e dal ministero degli Esteri, c’è il lavoro fatto dal cuore, quello di Venturi ."Quando mi hanno inviato la foto di loro all’aeroporto di Ankara e quella sull’aereo, ho potuto tirare finalmente un sospiro di sollievo".

L’impresa è stata possibile anche grazie alla collaborazione di un giornalista siriano, Mohannad Najar che ha contribuito a fare da interprete e staffetta fra due lingue, due mondi, due universi separati. "Ci ha aiutato molto, ho chiesto che fosse lui a scrivere a Munzir e alla sua famiglia che tutto era pronto per il viaggio in Italia. Quando gliel’ho chiesto si è commosso. La stampa siriana non parla d’altro da settimane: per loro è un grande segnale di speranza. Ringrazio anche per il lavoro fatto dalla ‘nostra’ stampa e da La Nazione che ha contribuito dal primo giorno a tenere alta l’attenzione. Ma la storia di Mustafa è un messaggio anche per ognuno di noi: è la dimostrazione che i sogni si possono realizzare, ma dobbiamo averli e sognarli. Ieri Zeynep me lo ha promesso. Mi ha guardato e detto: ’Il mio Mustafa stupirà il mondo’".

Claudio Capanni