I postumi ‘spia’ del Covid. "Una vita senza sapore"

La perdita di gusto e olfatto è uno dei sintomi che si registrano spesso nei positivi paucisintomatici o asintomatici: "Tanti casi e il 10% non recupera"

L'anosmia è una delle conseguenze del Covid

L'anosmia è una delle conseguenze del Covid

Pisa, 27 maggio 2021 - "L’anosmia o l’iposmia, ovvero la perdita totale o parziale dell’olfatto, colpisce almeno il 70% dei pazienti Covid paucisintomatici, coloro che dopo l’infezione manifestano sintomi lievi. Ce lo rivela la letteratura scientifica europea e soprattutto italiana sui casi di contagio registrati finora. E nella grande maggioranza di casi a medio-lungo termine la funzione si recupera totalmente". La dottoressa Veronica Seccia, dirigente medico e responsabile dell’ambulatorio di rinologia presso l’unità operativa di Otorinolaringoiatria Audiologia e Foniatria Universitaria, diretta da Stefano Berrettini, spiega una sintomatologia molto diffusa nei casi di contagio e come fare a limitare i danni quando questi problemi si verificano, anche tra coloro che si accorgono di avere contratto la malattia solo effettuando un test sierologico ad alcune settimane di distanza dall’insorgere dei primi effetti che rive la la presenza degli anticorpi.

Non si tratta dunque di danni irreparabili? "Nel 70-90% dei casi la regressione dell’anosmia è totale e solo in una minima parte è solo parziale. In qualche caso purtroppo la capacità olfattiva, strettamente embricata, quindi correlata, a quella del gusto, si può perdere del tutto".

Qual è la cura più efficace per limitare i danni? "Intanto, la perdita di olfatto con conseguente alterazione del gusto è un sintomo tipico del Covid. Non appena si avverte, è opportuno sottoporsi a test molecolare mettendosi in isolamento. Poi è importante a sottoporsi a terapie di supplementi vitaminici del gruppo A, E e D e praticare quello che noi chiamiamo un training olfattorio. Una ginnastica quotidiana durante la quale ci obblighiamo a odorare essenze molto odorose come il limone, o il caffè che beviamo ogni mattina per riabituare il nervo olfattivo a svolgere il suo compito. Prima si interviene e maggiori sono le possibilità di recupero".

Quindi è utile agire già con la malattia in corso? "Assolutamente sì. Sono sintomi tipici del Covid e per arginare il rischio di possibili danni cronici è importante la tempestività di azione. Per quanto riguarda il training olfattorio, si tratta di trattamenti terapeutici di lunga durata: almeno 12 settimane, ma che possono durare anche fino a un anno per cercare di recuperare le capacità olfattive, e limitare eventuali alterazioni del gusto che spesso sono soggettive rispetto a ciò che riferiscono i pazienti. Per quanto riguarda l’olfatto esistono test più precisi in grado di riconoscere in fretta la sintomatologia".

Quali sono gli effetti maggiormente negativi di un eventuale mancato recupero della capacità di riconoscere gli odori? "L’impatto sociale che questa situazione può avere con persone che non si rendono conto se emanano un buono o cattivo odore, ma c’è anche una ricaduta sull’assunzione di cibi. Ad esempio, odorare carni crude per capire se sono ancora in buono stato di conservazione o no e alimentarsi in modo corretto o non rischiare di cucinare cibo che possa mettere in pericolo anche la salute degli altri".