Zuppi presidente della Cei, riforme ma senza strappi. "Ascoltare e parlare a tutti"

Le prime parole del nuovo presidente della Cei: "Alle volte sembriamo distanti". Bici e Guccini le sue grandi passioni. Nelle periferie è diventato don Matteo

Il cardinale Matteo Zuppi, 66 anni

Il cardinale Matteo Zuppi, 66 anni

Certo la carta d’identità lo vuole romano, ma la bolognesità lui se l’è già messa nel sangue. Altrimenti come si spiegherebbe il suo affidare alla Madonna di San Luca questa nuova avventura alla presidenza dei vescovi? Il cardinale Zuppi ha dedicato il suo primo pensiero proprio all’icona mariana che sotto le Due Torri "viene dopo il Padre eterno". Qualche volta anche prima, lascia intendere, quasi a mordersi la lingua nell’incontro lampo coi giornalisti dopo una nomina che definisce "un’accelerazione un po’ improvvisa". Eppure il suo nome era nell’aria, anche se lui, scherzando, aveva confidato "di puntare a Granaglione". La località montana dell’Appennino bolognese continuerà a visitarla, ma farà ancor di più la spola con la Capitale, la sua Roma, dove è cresciuto figlio di un giornalista dell’Osservatore romano.

L’incontro della vita per Zuppi avviene nel 1973, a 18 anni. Con Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, è subito intesa. Nella realtà dedita alla pace e alla carità si farà le ossa. "Potevo scegliere se frequentare i salotti del centro o aiutare i bambini del doposcuola nelle periferie", ha raccontato qualche tempo fa. Inutile dire che si sedette accanto ai più piccoli: se non fosse divenuto prete, avrebbe fatto il maestro elementare.

La vita lo ha portato, dopo la laurea in Lettere, a essere prima il vice parroco della Basilica di Santa Maria in Trastevere, al fianco di Vincenzo Paglia, altro nome di punta di Sant’Egidio, poi parroco nelle borgate di Torre Angela. Anche qui si è speso a fianco di anziani, immigrati e disoccupati. Il taglio sociale è il suo valore aggiunto. A Bologna, dove è arrivato nel 2015, nel pieno della pandemia, in sinergia con Comune e parti sociali, ha lanciato il progetto ’Insieme per il lavoro’ per garantire un’occupazione a persone disagiate. L’inclusione – tra l’altro dichiarò lotta all’omofobia durante una festa del I Maggio – e il dialogo interreligioso, con la comunità islamica in primis, ne completano il profilo. Dinamico e immediato. Non a caso nel suo primo discorso da presidente ha insistito su due parole chiave per la Chiesa conciliare: collegialità e sinodalità. Come a dire di volere fare strada insieme, "parlando a tutti e ascoltando tutti". Anche ammettendo che "le decisioni della Chiesa a volte appaiono distanti", nonostante questa parli "la lingua unica dell’amore".

Riformista sì, ma senza strappi. Meglio una mediazione, mai a ribasso, come prova il suo ruolo di negoziatore in Mozambico nel ’90. O il fatto che a Bologna incassi apprezzamenti sia da dossettiani, sia da preti di quella maggioranza del clero cresciuta alla scuola di Caffarra e Biffi. Elogiato da Wojtyla e ordinato vescovo ausiliare di Roma da Benedetto XVI, ci è voluto evidentemente Francesco per promuovere Zuppi a ordinario di una sede diocesana. Lui ringrazia e ascolta tutti: tra i primi a cui ha telefonato una volta nominato presidente ci sono i predecessori Ruini e Bagnasco, due conservatori.

Chi lo conosce da tempo mette le mani sul fuoco: non farà il cannoniere, giocherà di squadra. Conosce l’autoreferenzialità di troppi vescovi, non pochi quelli a disagio nell’era bergogliana. Zuppi tutto vuole tranne che vincere da solo per poi perdere insieme. Preferisce pedalare in gruppo. Ama la bici, ascolta Guccini e non rinuncia mai al suo sorriso scanzonato, da fresco testimone del Vangelo.