DAVIDE NITROSI
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Scuola, bar e messe: i Tar riscrivono le regole anti Covid

La Babele delle sentenze dei giudici regionali. E ora ricorsi potrebbero moltiplicarsi

La protesta del titolare di un bar (Ravaglia)

La protesta del titolare di un bar (Ravaglia)

Roma, 16 gennaio 2021 - Via libera al pane a Bari, sì all'obbligo di mascherine a Genova, messe e funerali aperti ai fedeli a Bono (Sassari). Che l'Italia fosse una repubblica fondata sui ricorsi al Tar lo sapevamo da anni, ma la pandemia e il fiorire selvaggio di Dpcm, ordinanze e divieti anti Covid ha moltiplicato l'effetto dei Tribunali amministrativi. Ad ogni regola un ricorso, fino al trittico scolastico dei giorni scorsi: lezioni in presenza da lunedì nelle scuole superiori in Emilia-Romagna, Friuli e Lombardia grazie ai giudici. Anche se non è l'ultimo giudizio visto che il governatore emiliano si è inchinato suo malgrado alla decisione, ma il suo omologo friulano vuole disubbidire e non aprirà i licei. C'è poi il caso Lombardia calata nella fascia rossa: il presidente della Regione, Fontana, andrà al Tar per opporsi alla decisione di inserire la Lombardia nella fascia dei peggiori, dove oltre a chiusure e divieti stringenti, si obbliga alla didattica a distanza dalla seconda media in su. Superando in sorpasso lo stesso Tar che aveva riaperto le scuole tre giorni fa.

Zona rossa Lombardia, Sicilia, Bolzano: le regole

Vi gira la testa? Comprensibile. Però sappiate che siamo al punto di svolta.  Ormai è chiaro che la road map per uscire dallo stato di emergenza  o la scrive la politica, o la scrivono, senza aspettare troppo, i giudici amministrativi. Chiamati in tutta Italia a valutare dove sta l'equilibrio fra rischio sanitario (sapendo che il rischio zero è una illusione) e proporzionalità delle misure. Concetti che dovrebbero essere valutati da chi governa le scelte, per traghettare il Paese attraverso il difficile stretto: da una parte la salute del fisico, dall'altra la salute complessiva di uno Stato (che comprende l'economia, la coesione sociale, il lavoro).

L'attività dei Tar si è intensificata come un'onda sismica con lo scorrere dei mesi pandemici e non è un caso. Dicevamo del pane a Bari. Sì, il 22 maggio il Tar pugliese dichiara illegittima l'ordinanza del Comune che vieta “l'introduzione di pane e derivati nel territorio comunale”. Un mese e mezzo prima a Trieste il Tar locale (le sedi sono nei capoluoghi regionali, con sezioni distaccate) aveva dichiarato invece legittima la chiusura domenicale dei negozi. E le messe e i funerali di Bono? Sentenza di ieri: il Tar di Sassari respinge l'ordinanza del vice sindaco a cui si era opposta la Curia e il parroco. Messe e funerali aperte ai fedeli.

Perché la giustizia amministrativa è fatta così, non perdona ma non è lineare. Un sì a Torino diventa un no a Palermo. Per dire: l'altra sera i ristoranti che hanno aperto per protesta sono stati multati e qualcuno persino chiuso dalle forze dell'ordine, eppure qualche mese fa il Tar di Aosta ha bocciato la richiesta del governo di sospendere l'ordinanza regionale che, derogando dalla fascia arancione, lasciava aperti bar e ristoranti. All'opposto il Tar dell'Abruzzo ha ripristinato la zona rossa (e abbassato le serrande) come chiesto dall'esecutivo. Così come a Roma, sentenza del Tar del 27 maggio, dove è stata approvava l'ordinanza del Comune con cui si sono limitate le aperture dei negozi. Nella Capitale il tribunale ha considerato “prevalente l'interesse pubblico alla tutela della salute collettiva”.

E' il caos, insomma. Ed era prevedibile. Non è un caso che Consiglio di Stato in tempi non sospetti (ottobre 2019) aveva ricordato che “non sempre è vero che un divieto totale o un intervento di contrasto radicale costituiscano una risposta proporzionale al rischio potenziale”. Insomma, serve cautela, attenzione alla proporzionalità, bilanciamento tra precauzione e ragionevolezza. Serve la politica, insomma. Prima che le decisioni dei Tar alzino una selva di indicazioni contraddittorie dove i cittadini si perdono.