Ascoli Calcio, no al pessimismo cosmico

Era noto a tutti il fatto che a Vivarini sarebbe servito qualche mese per plasmare la sua squadra. Per questo va lasciato lavorare

Mister Vivarini

Mister Vivarini

Ascoli, 9 setembre 2018 - "Chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa quel che lascia ma non sa quel che trova". Ecco, l'adagio che i nostri nonni solevano ripeterci quando li rendevamo partecipi di novità della nostra vita vale, assolutissimamente vale, per questo primo scorcio di stagione dell'Ascoli. Ed è proprio in questo preciso istante che il tifoso deve scegliere da che parte stare. Perché la strada nuova è ignota, a tutti e per loro stessa ammissione ai nuovi proprietari della società di Corso Vittorio. Chi può dire entro quanto tempo il loro Ascoli, che poi è quello di Vivarini, diventerà una squadra che risponderà agli input dell'allenatore e, di conseguenza, giocherà a calcio meglio di quanto visto negli ultimi anni al Del Duca? Nessuno. Appunto per questo, siamo al momento decisivo. E' facile lasciarsi prendere da una minima e legittima preoccupazione che deriva dai risultati (l'ultimo, il pari in amichevole a Pesaro), e pensare che lasciare la strada vecchia per la nuova sia un azzardo. Troppo facile. Dato che abbiamo qualche campionato, specie di B, alle spalle, ci viene da dire che risulta anche rischioso. E' vero, il tempo a disposizione dello staff tecnico bianconero, per plasmare un Ascoli che abbia idee davanti e dietro, non è molto, specie se il campionato resterà a 19 squadre e permetterà pochi passi falsi. Ma è altrettanto vero che mai come quest'anno il termine "cantiere aperto" fotografa in maniera praticamente perfetta quello che è il Picchio di oggi. Per questo, in questa fase transitoria in cui c'è ancora molto da capire su come impostare il motore, l'apporto dell'ambiente è fondamentale. Se lasciare la strada vecchia per la nuova vuol dire avere una squadra che sappia imporre il suo gioco, che sfrutti i giocatori per le loro effettive caratteristiche, che consenta gli attaccanti di correre ad esultare dieci, venti, cento volte sotto la Sud, richiede (e ci mancherebbe!) un tempo di transito è necessario che l'ambiente (tutti, non solo la curva) riconoscano che c'è un periodo in cui bisogna fare quadrato come e forse più di quei momenti in cui, a campionato in corso, si richiama l'unità di tutte le componenti per evitare di mandare alle ortiche tutto. Ve lo ricordate il post Parma-Ascoli? O i giorni dopo la gara con la Salernitana al Del Duca, tanto per fare due esempi dello scorso campionato? Intanto, godiamoci qualche idea: che Lanni, senza il fuoco amico-nemico della scorsa stagione a soffiargli sul collo, possa essere di nuovo "San Lanni" e giocarsela con Perucchini, che Brosco sia quasi insostituibile, che la difesa a quattro possa consentire una maggiore occupazione offensiva del campo (oltre che consolidarsi nel non prenderle), che Ninkovic non può e non deve avere paura di prendere il gioco offensivo della squadra in mano (era capitano del Paritzan, il più giovane della sua storia, qualcosa vorrà pur dire...), che Troiano possa, da subito, essere l'uomo che riceve il testimone di Mengoni alla voce "leader dello spogliatoio" per meriti indiscutibili, che Casarini, Cavion e Zebli siano tutti centrocampisti che danno del "tu" alla palla e che Frattesi tra tutti sia quello che col pallone ci va anche a cena, se serve. E che Ardemagni, con la sua garra, le sue cento esultanze sotto le sue curve, possa da subito essere il nuovo Soncin, il nuovo Bucchi, il nuovo bomberone che segna e fa impazzire la Sud. Insomma. Questo è il momento in cui scegliere come leggerlo, il vecchio adagio della "strada vecchia e della strada nuova". Noi, pur consapevoli che il tempo corre inesorabile, vogliamo e dobbiamo dare tempo a questo Ascoli. Scacciando le nubi, quelle poche che sembrano già addensarsi figlie di un pessimismo cosmico, che in questo momento non hanno motivo di esistere.