Un piatto resistente

Bologna, 1 ottobre 2019 - Non è il caso di azzuffarci troppo su questo nuovo ripieno ‘eversivo’, inventato in quattro e quattr’otto in nome della pace interreligiosa, dell’accoglienza, della comprensione tra culture diverse e anche per andare incontro a chi vuole mangiare leggero.

Dunque, alla festa di San Petronio in piazza, accanto ai tortellini tradizionali ci saranno anche quelli di pollo. Il pollo del dialogo. Con la benedizione di Matteo Zuppi, il prete di strada che papa Francesco ha voluto cardinale. Qualche irascibile ghiottone si sta già scandalizzando, ma in fondo tutta la storia del tortellino è un calvario di oltraggi (non sempre gravi) e di risse (non sempre indispensabili).

Il primo ‘sfregio’ fu la panna. Qualche celebre ristoratore del secolo scorso maltrattava i clienti che la chiedevano: «O in brodo o fuori di qui». Altri tempi. Tempi comunque da non rimpiangere, in cui dotte accademie e masticatori di lungo corso discutevano per anni sul lombo del ripieno: cotto o crudo? Non sembrava questione di vita o di morte, anche se certi accanimenti facevano pensare il contrario. Quando un bravo cuoco inventò i tortellini col pesce, scoppiò l’ennesimo inutile finimondo. Si spaccò a metà perfino un sindacato. Poi tornò la calma, perché Bologna digerisce tutto. Per fortuna il tortellino è più forte di queste rumorose bazzecole. È sempre lui, è ancora buonissimo, sapendo scegliere le sfogline o i ristoranti che continuano a farlo e a servirlo come si deve. E allora sopporteremo anche il ripieno di pollo (che, se non altro, non pretende di passare alla storia della grande cucina bolognese) sperando che serva almeno un po’ alla nobile causa per la quale è nato.

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