Bologna la capitale dei videogames

Nella puntata di oggi del nostro podcast l’epopea italiana dei videogiochi Al centro la Bologna di fine anni ’80, la Simulmondo e le idee di Ivan Venturi

Un’immagine del videogioco ‘Gladiators Wheels’

Un’immagine del videogioco ‘Gladiators Wheels’

Bologna, 11 aprile 2023 – Videogames e Bologna. Un binomio insolito, ma solo all’apparenza. Tra anni Ottanta e Novanta, infatti, la nostra città fu la ‘culla’ dei videogiochi italiani. Merito della Simulmondo, software house pionieristica che fissò la propria sede sotto le Due Torri. Uno dei protagonisti di quella stagione, Ivan Venturi, programmatore, ha continuato a lavorare nel settore, ed ora coordina Bologna Game Farm, l’acceleratore di startup (con sede alle Serre dei Giardini) con cui Comune e Regione stimolano l’attrazione di investimenti e la creazione di posti di lavoro nell’industria videoludica. "Perché non solo i videogames possono generare ricchezza sul nostro territorio, ma devono farlo, visto che è un lavoro intellettuale e creativo che non richiede né materie prime né particolare dispendio di energia. Quello che conta sono le idee, e di quello il nostro Paese abbonda".

A parlare è proprio Venturi, ospite de il Resto di Bologna, il podcast del Carlino che potete ascoltare gratuitamente sul nostro sito (inquadrate il QR code in prima pagina locale) sulle principali piattaforme, da Spotify a Google e Apple podcast: sarà lui a raccontarci questo filo rosso che lega la città delle Due Torri ai videogames. Prima, però, bisogna fare un passo indietro.

Esattamente al 1987, "quando progettai un videogioco sulle bocce per il mitico Commodore 64, il primo per la Simulmondo: allora facevo il liceo artistico, ero completamente autodidatta e fu la prima occasione in cui mi pagarono. Capii che la mia passione poteva diventare un lavoro". A 22 anni, Venturi aveva la responsabilità di 80 persone, lavorava 14 ore al giorno sette giorni su sette. Uno sforzo da cui venne fuori F1 Manager.

La Simulmondo editò anche i giochi ispirati a Dylan Dog, Diabolik e Tex e venduti in edicola: "Croce e delizia – ricorda Venturi –. Da un lato vendevano molto, dall’altro però erano focalizzati sul mercato nazionale, quando i videogames si erano ormai internazionalizzati". Nel ‘93 l’addio alla Simulmondo (chiusa qualche anno dopo) ma non al settore, dove Venturi ha continuato a lavorare. Ora, l’avventura della Bologna Games Farm: "Abbiamo selezionato quattro team vincitori che hanno ottenuto 30mila euro a fondo perduto per sviluppare i loro demo – racconta Venturi –. I videogiochi sono fatti per andare sul mercato e noi li accompagniamo alle fiere internazionali: l’ultima a San Francisco, dove c’è il meglio del settore".

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