Case Acer Bologna, storico sorpasso degli stranieri

I dati dell’ultimo bando: agli italiani soltanto il 40% degli alloggi. Alberani: «È la foto della nostra società»

Case Acer a Bologna (Foto Dire)

Case Acer a Bologna (Foto Dire)

Bologna, 29 novembre 2018 - Eccolo, il sorpasso. Più veloce delle previsioni. Dodici mesi fa, il presidente di Acer, Alessandro Alberani, aveva profetizzato: «Entro due anni ci saranno più appartamenti assegnati a stranieri che a italiani». Ci è voluto di meno. L’ultimo bando per le case popolari ha sancito lo storico cambio di rotta: delle prime 219 assegnazioni, il 52% è andato a non comunitari, un 7,7% a comunitari e solo il 40,1% a italiani.

Un’accelerata brusca rispetto al 2017 (325 assegnazioni), quando la quota dei non comunitari si era fermata al 42,7% e gli italiani erano il 47%.

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La nazione più rappresentata è il Marocco, poi Romania, Bangladesh, Tunisia, Ucraina, Pakistan, Moldavia e Egitto. Nulla di imprevisto, come detto. Anzi, per Alberani è il segno dei tempi. La foto della società in cui viviamo: «Le case popolari sono assegnate in base a reddito e numero dei familiari, criteri che corrispondono al tipo di nuclei stranieri che fanno domanda».

Lo dicono anche i numeri della popolazione del patrimonio pubblico. Nei quasi 20mila alloggi della città metropolitana gestiti dall’Acer, vivono 19.196 nuclei, 80% italiani; ma se si contano gli abitanti effettivi, la percentuale scende al 67,6%, con i non comunitari che sfiorano il 30%.

Questo perché, spiega ancora Alberani, «a differenza degli stranieri, la maggior parte degli italiani sono anziani soli». Un cambio epocale che sta spingendo Acer a lavorare su due fronti.

Il primo è quello dell’integrazione: l’azienda sta sperimentando – a partire dai nuovi appartamenti di via Gandusio – un inserimento mediato e guidato che eviti mix sociali esplosivi e favorisca il dialogo e l’aiuto reciproco tra gente che arriva da mondi diversi e distanti, grazie anche a un progetto finanziato dalla Fondazione Carisbo.

L’altro è quello dei controlli, in particolare sull’impossidenza, ovvero il non possesso in patria di altre proprietà che farebbe decadere immediatamente la domanda per la casa popolare. Un terreno minato, cavallo di battaglia del centrodestra e che ha portato a casi limite come quello della mensa di Lodi, finito su tutte le cronache nazionali.

Oggi chi fa domanda, può presentare un’autocertificazione, non sempre facile da verificare: «Chiediamo controlli rigorosi dove si possono fare, a partire dai Paesi Ue», sottolinea Alberani che ha chiesto comunque di escludere «chi è scappato da nazioni in guerra».

Nel frattempo, Acer ha creato una task force di 7 persone a caccia di morosità arretrate. Valore: circa 10 milioni di euro. «Saranno anche pochi, ma ci consentirebbero interventi importanti», rivendica il presidente, che anche qui ha scelto un approccio etico: «Non pressiamo chi è in difficoltà, anzi cerchiamo di aiutarli. Ma con chi è ricco, siamo pronti alle vie legali».

I casi sono molteplici: «Non ci sono solo inquilini in ritardo, ma anche negozianti famosissimi in città che non pagano da troppo tempo», si lascia scappare Alberani. I soldi recuperati potrebbero essere investiti per il piano di ristrutturazione straordinaria che il Comune ha affidato ad Acer, con l’obiettivo di creare 1.000 appartamenti nei prossimi anni.

In cantiere ci sono già 700 ristrutturazioni (che potrebbero raddoppiare) e tre progetti speciali di riconversione: l’ex clinica Beretta (ne ospiterà quasi 30), villa Celestina (confiscata alla criminalità organizzata) e il centro sociale Xm24, che per la verità oggi è ancora occupato.

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