Covid e fine pandemia, Viale: "Il virus resterà ma vivremo più sereni"

L’infettivologo del Sant’Orsola: "Ma bisogna aumentare il numero dei vaccinati. Solo così avremo meno isolamenti e quarantene. Sì alla quarta dose per i fragili"

Covid, due anni di pandemia. Ora cosa ci aspetta?

Covid, due anni di pandemia. Ora cosa ci aspetta?

Bologna, 22 febbraio 2022 - Due anni di pandemia: per capire quale futuro ci aspetta adesso che la curva del virus è in discesa, ci siamo rivolti a uno dei medici in prima linea nella battaglia contro il Covid.

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Professor Pierluigi Viale, la quarta ondata si sta spegnendo e finalmente ci avviamo a nuova fase? "A me non sembra che siano passati due anni – risponde il direttore delle Malattie infettive del Sant’Orsola – ma almeno cinque per la paura affrontata, le difficoltà di combattere contro qualcosa di sconosciuto, il grande stress di riuscire a tenere in piedi la sanità quando avevamo centinaia di letti con malati Covid e non sapevamo dove metterli. E poi anche noi medici, come tutta la popolazione, quando tornavamo a casa non trovavamo mai il momento per chiudere l’interruttore. Adesso dobbiamo stare a attenti a non cadere nella tentazione dell’ennesima illusione". Quale è? "L’illusione estiva, per il terzo anno consecutivo, che l’onda diventi un’ondina e che il virus se ne vada. Dobbiamo cominciare a riflettere, invece, sul fatto che il virus sta diventando endemico e farà parte della nostra vita per il futuro". Per quanto tempo? "Non lo so con certezza, ma forse non sarà un periodo tanto breve. Dobbiamo attrezzarci per poter affrontare la nostra esistenza nel modo più sereno possibile". Come? "Evitando di avere una sanità a due velocità, ossia che funziona perfettamente da giugno a ottobre e in difficoltà da novembre a maggio. Bisogna costruire modelli di sanità pubblica che vadano avanti sempre alla stessa velocità". A che cosa sta pensando? "A vaccinare tutti il più possibile, a convincere chi ancora non si è protetto, a mantenere il Green pass ancora a lungo. E le persone che si sono fermate alla seconda dose, sappiano che sono ’mal vaccinate’, perché per avere una protezione significativa bisogna arrivare alla terza dose. Al momento è consigliata la quarta dose solo per i soggetti immunodepressi e questo è coerente. Per tutti gli altri la terza dose al momento è sufficiente. Insomma, dobbiamo diventare una nazione di vaccinati e solo se raggiungeremo questo obiettivo potremo avere meno paura del Covid, ​e quindi meno quarantene, meno isolamento e ​maggiore tolleranza verso gli infetti asintomatici". Quali altre misure, oltre al vaccino? ""Partendo dal presupposto che ogni anno avremo un’ondata di infezioni, ma non necessariamente di malattie, insieme alla vaccinazioni dobbiamo incrementare e periferizzare l’uso precoce degli antivirali e degli anticorpi monoclonali per evitare ricoveri. E poi è doverosa una riflessione sull’organizzazione: dobbiamo pensare a ospedali dedicati al Covid per aiutarci a evitare la pressione sulle strutture per acuti e poter curare tutti. In questi due anni si sono formate liste di attesa non concepibili in una sanità di alto livello".

Il 31 marzo scade lo stato di emergenza, molte restrizioni potrebbero terminare. "Vedremo come andrà l’andamento epidemiologico nelle prossime settimane. Per ora è meglio proseguire anche con le mascherine al chiuso. Infine, vorrei sottolineare un aspetto che mi preoccupa". Di che cosa si tratta? "Ieri anche il Papa ha ringraziato medici e infermieri che in questi due anni non si sono risparmiati, ma dal 31 marzo rischiano di essere mandati a casa. Spero che il Governo capisca e finanzi il concetto che adeguare i nostri organici è vitale per la sanità pubblica. Forse questa potrebbe essere la mia ultima battaglia, ma voglio combatterla con tutte le forze che ho".

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