Emilia Romagna verso la zona gialla, Donini: "Orizzonte vicino"

Con i ricoveri in salita, senza altrettante dimissioni arriveranno più restrizioni. Gibertoni: "Al Sant’Orsola tre No vax necessitano di cure più dispendiose"

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di Francesco Zuppiroli

La zona gialla è alle porte. Troppi contagi, di giorno in giorno. E, ormai, troppi anche i posti occupati nei ricoveri ordinari Covid e nelle terapie intensive. "Abbiamo oltrepassato un pochino il livello di guardia per quanto riguarda la saturazione dei reparti e terapie intensive. La zona gialla è perciò un orizzonte molto vicino". Parla in questi termini l’assessore regionale alle politiche per la Salute Raffaele Donini, che scandisce: "Venerdì scorso non avevamo questi numeri, ma se questa settimana dovessero aumentare ancora i ricoveri e le dimissioni dei pazienti non fossero altrettanto consistenti, sicuramente lunedì andremo in zona gialla". Una prospettiva spinta dalla variante Omicron e "dal fatto che siano ancora troppi i non vaccinati – continua Donini –. Abbiamo infatti ancora il 72% in Emilia-Romagna di persone in terapia intensiva che non hanno ricevuto nemmeno una dose e il 50% nei ricoveri ordinari, dove però la loro degenza è mediamente più lunga. E pensare che se tutti gli abitanti della regione fossero vaccinati, avremmo oggi solo 30 persone in terapia intensiva. E su quei ’No vax’ che rifiutano le cure mi viene da dire che siano situazioni grottesche e paradossali".

Paradossali come le lettere dagli avvocati fatte pervenire al Policlinico Sant’Orsola da parte di alcuni No vax nei giorni scorsi. Al Sant’Orsola dove la situazione ricoveri balla ancora "sul filo del rasoio – dice la direttrice generale del Policlinico Chiara Gibertoni –. Abbiamo già eseguito l’incremento previsto da 6 a 10 letti in semi-intensiva e di fatto al momento abbiamo 8 ricoverati in quest’area. Sulla degenza ordinaria invece viviamo ancora di rendita dalla trasformazione dei 30 letti di geriatria e che sono estendibili fino a 36, un’operazione che faremo in questa settimana. Infine, in pronto soccorso abbiamo notato un aumento di bimbi malati per cui è stato necessario un periodo di osservazione". Un bilanciamento da equilibristi insomma, su quel filo del rasoio per cui "questa settimana sarà determinante per farci capire se potremo fermarci qui o dovremo convertire ancora. Questo però – continua la Gibertoni – vorrebbe dire, al 10 gennaio, ridurre l’attività chirurgica pari a circa il 50%, come se dovessimo prolungare oltre le festività l’assetto che teniamo sotto Natale".

Un assetto a cui si aggiungono tre pazienti ’speciali’, malati Covid e non vaccinati, di età compresa tra i 54 e i 64 anni che si trovano "al padiglione 23 perché collegati ad altrettanti macchinari Ecmo (una tecnologia in uso da quando c’era il virus H1N1 e a cui si ricorre quando la polmonite da Covid risulta particolarmente severa, ndr). Si tratta di una tecnologia molto dispendiosa – conclude la direttrice –, sia dal punto di vista economico che di personale. Stiamo parlando di pazienti per le cui cure il sistema spende circa ottomila euro al giorno e che hanno bisogno di un infermiere fisso. Ciò significa sei infermieri spalmati sulle 24 ore per ognuno dei tre pazienti che ora assistiamo con la tecnologia Ecmo e un cardio-anestesista impegnato a seguirne l’andamento".

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