E’ scomparso Mario Santonastaso, volto e chitarra del cabaret intelligente

Con il fratello Pippo, sui palcoscenici e nelle trasmissioni della domenica in Rai, ha pizzicato le corde della risata surreale

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di Claudio Cumani

"Siamo stati insieme per tutta la vita. Ho 18 mesi più di lui ed è stato il mio compagno di giochi durante l’infanzia, il mio amico nell’adolescenza, punto di riferimento dell’età adulta. E adesso? Con chi parlo io adesso?". Pippo Santonastaso si fa forza e, dietro alla cascata di parole, nasconde la profondità del dolore. Suo fratello Mario se ne è andato l’altro ieri a 83 anni: una caduta nella casa di via Spartaco, la frattura del femore, alcune complicazioni polmonari. Non è stato il Covid ad ucciderlo ma non c’è stato nulla da fare. I funerali si terranno domani mattina alle 9,30 nella cappella dell’ospedale Bellaria. I fratelli Santonastaso sono stati, a partire dagli anni Settanta, una delle realtà più significative della nuova comicità italiana, quella che giocava sulla corda surreale tanto cara a Cochi e Renato, Enzo Jannacci, Paolo Villaggio. Alto, barbuto, perenne chitarra imbracciata l’uno (Mario), più piccolo, baffuto e con occhialetti l’altro (Pippo), i Santonastaso hanno attraversato edizioni televisive di ‘Domenica in’ e ‘Buona domenica’, macinato chilometri nei locali di cabaret di tutta Italia, fatto sorridere intere generazioni. "A un certo punto – racconta Pippo – siamo stati messi da parte. Sono arrivati i nuovi comici, quelli da una battuta e via e noi con quelli non sapevamo più cosa dire. Io ho continuato a fare cinema e operetta, Mario ha preferito ritirarsi". Non definitivamente, però. "Quando qualcuno ci chiamava, veniva. L’ultimo spettacolo che abbiamo fatto insieme è stato nel 2019 al teatro di Casalecchio. Si intitolava ‘Uno+uno-Duo’, come un nostro vecchio programma tv". "La nostra comicità – continua Pippo – era fatta di niente. Ci attaccavamo a un pretesto spesso improvvisato e da lì cominciavamo a montare un castello di invenzioni. Io ero quello che doveva far ridere e Mario la spalla, una grandissima spalla".

Nati a Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza, e cresciuti in Emilia (con una parlata napoletana che rivelava l’origine della famiglia), Mario e Pippo sembravano destinati a carriere per nulla artistiche: geometra il primo, ragioniere da Borsari e Sarti il secondo, si erano avvicinati allo spettacolo in modo diverso. All’inizio avevano fondato insieme il gruppo musicale PGM3, in cui Pippo suonava la batteria. Poi Mario aveva deciso di intraprendere una via rock costituendo una band tutta sua, i Ricercati. E allora Pippo si era dato al cabaret, facendo spettacolini con la sorella Lucia, campionessa del quiz televisivo ‘Il musichiere’, in un teatro di via Mascarella. Nel ‘70 la svolta.

E’ Marcello Marchesi a scoprirli, avere l’intuizione e farli partecipare al programma ‘Ti piace la mia faccia?’. Da lì il successo televisivo si amplifica sempre più in programmi come ‘Per un gradino in più’ e ‘Chi è di scena?’ fino alle trasmissioni della domenica pomeriggio, ai ‘GiroMike’ con Bongiorno e la Rettore e alle partecipazioni a ‘Il poeta e il contadino’ di Cochi e Renato. Una comicità fatta di silenzi, improvvisazioni mimiche, invenzioni spiazzanti.

Racconta Andrea, l’attore figlio di Pippo: "La mia famiglia è rimasta stupita dalle tante testimonianze d’affetto arrivate in queste ore da ogni parte. Gente comune ma anche big dello spettacolo come Fiorello o Virginia Raffaele". Da quando si era ritirato, Mario viveva solo. "Era una persona modesta, generosa e buona – continua Andrea –. Quando eravamo in giro capitava ancora che qualcuno lo fermasse per un autografo". La chitarra era la sua grande passione e non l’ha mai abbandonata. Ma negli sketch era incontenibile. "Scenette come ‘Lo sbarco sulla luna’ o ‘Olimpiadi’ – ricorda il fratello Pippo – sono di una modernità assoluta. Erano tutte trovate surreali. Una volta abbiamo scelto di raccontare l’invenzione della donna, un’altra volta ci siamo immaginati seduti su una panchina mentre un mostriciattolo cresceva a dismisura ai nostri piedi. Era una nuova forma di comicità, era il cabaret".

Era il clima che allora, in quei lontani e favolosi anni ‘70, si respirava al Derby di Milano, l’idea di un umorismo nuovo che da lì a poco avrebbe conquistato il pubblico delle tv in bianco e nero. Ma come dovrebbe essere ricordato Mario nella sua città? "Con tre semplici aggettivi – risponde Andrea Santonastaso –: dolce, allegro, educato".

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