Fabio Rodda: "Locali traditi, così è difficile sopravvivere"

Uno dei titolari dell’Osteria dell’Orsa, ospite della nostra newsletter. Oggi torna la zona arancione: tutte le regole

Fabio Rodda

Fabio Rodda

Bologna, 12 aprile 2021 - Amarezza . Questa la prima parola che mi viene in mente. Siamo al tredicesimo mese di pandemia, la mia attività ha perso oltre due terzi del fatturato nel 2020 e siamo fermi a poco più di zero nel ’21. Abbiamo perso un terzo dei dipendenti a fine ’20 e non sappiamo cosa succederà quest’anno. Capitolo ristori: l’anno scorso non hanno coperto nemmeno le tredicesime del personale e gli adeguamenti degli stipendi di gennaio. Nuovo governo: aiuti in base alla perdita media dell’anno scorso, ma per un mese solo su 12: Orsa avrà circa il 2,5/3 % del danno reale. Per più di un anno abbiamo rispettato le norme e le decisioni del governo: si chiude, si riapre, si richiude. In alcuni momenti, abbiamo recepito le decisioni con 48 ore di anticipo.

Abbiamo comprato divisori, fatto rispettare le distanze, i protocolli; ci siamo indebitati in banca, c’è chi si vende la macchina, chi si è venduto la casa: 13 mesi senza guadagnare un euro piegano anche un risparmiatore. Adesso cosa succederà? In piazza vanno colleghi disperati e pieni di rabbia, cavalcati dalla peggior politica possibile; se non fosse per Confesercenti e qualche apparizione della politica locale, saremmo completamente soli. Amarezza. Non chiedevamo miracoli, ma di poter sopravvivere non solo come corpi, ma come attività, come reti sociali e di lavoro. Nei fatti, ci è stato imposto di chiudere in nome della salute pubblica. E noi abbiamo capito, ritenuto giusto mettere un bene superiore davanti al nostro guadagno, ma dovevamo essere messi in condizione di resistere. Perché pare che in autogrill il virus non ci vada, nella grande distribuzione neanche, in Chiesa nemmeno; ma nei bar, nei teatri, al cinema poi, non se ne parli: lì è pronto a colpire. Come possiamo accogliere le nuove promesse del governo alla luce di quanto fatto finora? Il nostro dramma non è più colpa di un virus, ma dello Stato a cui per vent’anni ho versato tasse, di cui abbiamo rispettato leggi e diktat e che, l’unica volta che doveva intervenire in nostro aiuto, ha allargato le braccia sussurrando un laconico "abbiamo fatto il possibile". Fabio Rodda, titolare Osteria dell’Orsa  

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