Gli infermieri: "Ora non chiamateci eroi"

Le confessioni al cronista e i ritratti del nostro Gianni Schicchi: "Quando vedevi la gente morire era una sconfitta per tutti noi"

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C’è Vanessa Visani, 45 anni infermiere dell’assistenza domiciliare Savena-Santo Stefano. C’è Elda Muscogiuri, tre in più dell’ospedale Santa Viola, che ad aprile ha messo insieme la bellezza di 181 ore di straordinario ma, tiene a precisarlo a caratteri cubitali, "non certo perché costretta". C’è Antonio Gramegna, coordinatore infermieristico della Malattia infettiva del Policlinico che di epidemie se ne intende, ma che giura "questa è la più devastante di tutte". E ci sono Francesco Sciarrotta e Cristina Maria Sala, 34 e 29 anni, che lavorano all’istituto Sant’Anna e Santa Caterina che definiscono gli anziani ospiti "la nostra famiglia". Storie, tante, dal fronte. Di una guerra contro un nemico invisibile e sconosciuto, combattuto da uomini prima ancora che da professionisti. Negli ospedali, nelle residenze per anziani, casa per casa. Pregando che tutto vada sempre bene, come le scritte sui cartelli appesi ai balconi dei condomini.

"Mai nessuno mi ha chiesto un giorno di permesso o malattia – racconta Antonella Gramantieri, coordinatrice infermieristica della Terapia intensiva del Policlinico –, li trovavo alla porta a dirmi Antonè, se hai bisogno io ci sono".

A giugno quattro coppie del suo reparto avrebbero dovuto sposarsi, un anno di preparazione alle spalle. Hanno rinunciato pure a quello per restare in prima linea. "Abbiamo pianto insieme tenendo le mani dei nostri pazienti che stavano morendo – riprende –, portando l’ultimo messaggio di un figlio". Perché anche questo è essere infermiere. "Il momento più difficile – spiegano Francesco e Cristina Maria dal Sant’Anna – è stato quando il 40-50% dei colleghi si è ammalato. Se abbiamo avuto paura di non farcela? Forse. Ma siamo andati avanti". Anche quando le febbri degli ospiti spuntavano come funghi, "risolvevi un problema e ne venivano fuori cinque". E quando ne moriva uno, era una sconfitta per tutti. "Eroi? – dice Elda Muscogiuri – No, nel nostro mestiere i rischi ci sono sempre stati. E non solo ora con il Covid".

Vanessa Visani, invece, il Covid lo affronta andando casa per casa. "I nostri pazienti hanno dai 70 ai 90 anni – racconta –. Ci chiedevano quando tutto sarebbe finito perché non volevano morire. Uno strazio. Portiamo loro anche una semplice parola di conforto". Antonio Gramegna è al Policlinico da 38 anni, ha visto il boom dell’Aids degli anni ’80 e in ultimo l’Ebola. "Mancava il Covid – attacca –, il virus peggiore di tutti". L’ha provato sulla sua pelle. Il 14 marzo alle 4 di mattina, dopo 20 ore di lavoro, si è sentito male nello spogliatoio. "Brividi di freddo e avevo già capito tutto". E’ tornato in pista il 18 aprile, più forte e caparbio che mai. "Il Covid – chiude Emanuele Venturi, coordinatore al Bellaria – ci ha insegnato una grande cosa: l’enorme forza del gruppo". Stanno vincendo loro. Sempre in prima linea. "Ma non eroi, semplicemente Infermieri".

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