I registi raccontano grandi storie

Due incontri per altrettante anteprime: Jonas Poher Rasmussen al Jolly e Arnaud Desplechin al Lumière

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Miglior film internazionale, miglior documentario e miglior lungometraggio d’animazione: eppure Flee, racconto animato del viaggio verso la salvezza del rifugiato afghano Amin, non s’è portato a casa nessuna statuetta dai recenti Oscar. Ma proprio per questo, per la decisione di premiare con l’Oscar ’Encanto’ della Disney e l’atteggiamento vetusto della kermesse che continua di fatto a considerare l’animazione ’roba per bambini’, la stampa internazionale non ha potuto non notare quanti cliché ancora ci siano a Hollywood sul tema.

Sarà comunque il pubblico a dire la sua e quello bolognese in particolare è fortunato, perché potrà farlo già oggi alle 17,30, quando il film verrà proiettato in anteprima al Pop Up Cinema Jolly, alla presenza del regista Jonas Poher Rasmussen. ’Flee’ (che significa ‘fuggi!’) ricorda molto nella tecnica e nella narrazione del reale in animazione ’Valzer con Bashir’ di Ari Folman, che raccontava le sue esperienze e i ricordi della guerra in Libano del 1982, e che, nel 2009, ottenne un Golden Globe come miglior film straniero. Qui la guerra è quella in Afghanistan e il protagonista (la storia è reale) è Amin, 36 anni, che vive in Danimarca ed è un affermato docente universitario in procinto di sposarsi con il suo compagno…. quando il passato torna a fargli visita, facendogli ripercorrere gli anni della sua gioventù.

Anche al cinema Lumière oggi è giorno di anteprime: alle 17,40 si proietta ’Tromperie – Inganno’, tratto da Philip Roth e diretto da Arnaud Desplechin che sarà in sala. Il film ruota attorno alla figura di Philip (Denis Podalydès), romanziere americano a Londra, che dialoga con le donne della sua vita, in particolare con la sua colta amante inglese (Léa Seydoux). Da mesi abdica al talamo nuziale per fare l’amore e discutere con lei, nutrendo di parole il suo insaziabile appetito di scrittore. Nessun filo conduttore lega queste conversazioni se non l’eco lancinante delle ossessioni del suo autore: il sesso, l’adulterio, la fedeltà, l’antisemitismo, la letteratura. "Questo film nasce da una professione di fede", ha raccontato Desplechin. "Credo all’intreccio che ci può essere tra arte e vita. Penso che l’arte non valga niente se al suo interno non c’è la vita più cruda, e che allo stesso modo la vita non abbia valore se non c’è l’arte che permetta di vederne gli aspetti più rilevanti. Inoltre, credo nel gioco dello scrittore che sparisce dietro le sue maschere".

b. c.

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