Igor il russo, carcere a vita. L’ultima sentenza: "Freddo e calcolatore". E lui : "Ora estradatemi"

Le motivazioni della Cassazione sull’ergastolo per gli omicidi italiani Rigettata la perizia psichiatrica. E sull’ipotesi di legittima difesa: "Sapeva che Ravaglia e Verri erano della polizia e andavano eliminati"

Igor 'il russo' in cella

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Bologna, 24 gennaio 2023 – L’ultima parola arriva dalle otto pagine di sentenza firmate dalla Cassazione. Granitiche. Racchiudono l’orrore, la malvagità, la freddezza di colui che mise in ginocchio l’Italia intera, spargendo sangue tra Bologna e Ferrara e poi in Spagna: Norbert Feher, alias Igor ’il russo’ Vaclavic. Ergastolo, con il rigetto di ogni questione rimessa sul piatto dalla belva serba che aveva impugnato il secondo grado di giudizio per ottenere sconti e benefici. Cinque omicidi sul groppone, due in Italia (1 e 8 aprile 2017, vittime Davide Fabbri e Valerio Verri, più il tentato omicidio di Marco Ravaglia) e tre in Spagna (il 14 dicembre 2017).

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Tradotto: fine pena mai, definitiva, arrivata in Cassazione il 2 dicembre 2021; 25 anni invece per le morti dell’allevatore José Luis Iranzo e dell’agente del Roca Victor Romero, e all’ergastolo per l’assassinio dell’altro poliziotto, Victor Caballero. Il codice penale spagnolo, infatti, prevede per l’omicidio una pena massima di 25 anni: ma se le vittime sono più di due, per la terza è prevista la possibilità di condannare l’imputato alla prigione permanente reversibile.

Le motivazioni

La settimana scorsa la Cassazione ha depositato i ’perché’ della definitiva condanna e della respinta del ricorso di Feher. Il quale aveva chiesto di escludere, per il delitto Verri, l’aggravante per il tentato omicidio di Marco Ravaglia, l’agente della Provinciale rimasto vivo per miracolo, e per vari altri reati quali rapine, furti, ricettazioni, violazioni in materia di armi. Ciò che pretendeva il killer era il riconoscimento di una sorta di legittima difesa una volta trovatosi davanti "un uomo armato". Ravaglia, appunto, insieme a Verri (guardia ecologica volontaria e disarmata) i quali l’8 aprile 2017 fermano nelle campagne ferraresi un Fiorino sospetto e lo controllarono. Ignari che dall’interno potesse spuntare la belva. "La decisione di sparare", secondo Igor, sarebbe stato "un atto logico e razionale di risposta a un pericolo". Un delirio rimandato però al mittente dagli ermellini che confermano come Ravaglia avesse la pistola sigillata "nella fondina e da lì poi trafugata da Feher". L’aggravante, dunque, "sussiste pienamente, come del resto aveva ammesso lo stesso imputato, il quale era ben consapevole che i due (Ravaglia e Verri, ndr ) erano della polizia e dunque andavano eliminati, senza approfondire se gli intervenuti avessero avuto armi oppure no". Evidente, chiosano i giudici romani, "che in ogni caso Igor avrebbe sparato contro entrambi per assicurarsi la fuga e l’impunità dai precedenti reati". Se "l’avessero effettivamente controllato, gli avrebbero trovato addosso le armi del precedente omicidio". Quello del barista Davide Fabbri alla Riccardina, sette giorni prima, freddato con un colpo di pistola.  

Lui sapeva

Nel ricorso, il serbo ha cercato di dimostrare anche di non essere a conoscenza che su di lui – ancora prima dei delitti – pesava un ordine di arresto per alcune rapine commesse in concorso con altri malviventi (Ivan Pajdek e Patrick Ruszo) nell’estate 2015, alle quali Feher si era sempre "considerato innocente", lo scorso anno condannato in Appello a 11 anni. Per la Cassazione, che giudica anche questo "motivo infondato", il ’russo’ era ben "consapevole" di essere ricercato, informato costantemente dalla "madre di uno dei complici" e dalle notizie apparse sui massmedia.  

Niente perizia  

"No" pure a una perizia psichiatrica, riproposta da Igor in tutti i gradi di giudizio. La Corte territoriale "ha esposto che in atti figurano già gli accertamenti disposti ex officio dall’Autorità giudiziaria spagnola – lo psicologo lo definì "un intellettuale del crimine", una "macchina da guerra" con una filosofia malvagia al di sopra di tutto", "un uomo che crede di avere il diritto di uccidere chiunque cerchi di togliergli la libertà" – oltre alla relazione del consulente di parte". Lavori che confermano come "il profilo mentale dell’imputato è stato ampiamente vagliato, così da non rendere assolutamente indispensabile un ulteriore approfondimento ai fini della decisione". Nessun dubbio sulla personalità "fredda e calcolatrice" del serbo nato il 10 febbraio 1981, "organizzato e razionale, secondo la prospettiva criminale del rapporto costo-beneficio".

Chiede l’estradizione

Definitive le condanne in Italia e Spagna per gli omicidi, ad oggi restano i processi ’minori’. Nella penisola iberica è pendente la decisione sull’aggressione nel carcere di Duenas, a suon di piastrelle, di un funzionario e di cinque operatori di sicurezza. Mentre da noi sono in piedi i processi sulle rapine ferraresi (Cassazione) e su un furto (Appello). Igor, come spiegava ieri l’avvocato Gianluca Belluomini, però è ormai pronto a presentare la richiesta di estradizione. "Conferma – così il legale – di voler tornare in Italia per scontare da noi la pena e probabilmente, dopo la definizione del processo spagnolo, presenterà l’atto". Al momento si trova nel carcere di massima sicurezza di Madrid.

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