Lo sguardo di Assayas ’Fuori dal tempo’

L’opera del regista francese ha aperto il Biografilm: "Volevo capire se davvero abbiamo fatto tesoro di quella stranissima esperienza"

Lo sguardo di Assayas ’Fuori dal tempo’

Lo sguardo di Assayas ’Fuori dal tempo’

Il film che apre il festival e il primo premio assegnato dal Biografilm: ieri sera Olivier Assayas ha ricevuto il Celebration of Life Award e presentato la sua ultima fatica ’Hors du temps-Fuori dal tempo’ al cinema Arlecchino, attendendo l’uscita in Italia il 19 giugno. Un film scritto durante il "confinement", ovvero il lockdown del 2020, quando si è ritrovato a vivere le restrizioni della pandemia nella casa di famiglia non lontano da Parigi, assieme al fratello e alle rispettive compagne. Probabilmente il suo film più autobiografico che rivela per l’ennesima volta un finissimo modo di dirigere. Come ha raccontato Micha Lescot, che nel film impersona il fratello del regista francese, Michka Assayas, "Olivier è un regista sottile e preciso con un modo di lavorare molto calmo, capace di creare un ambiente in cui c’è una costante voglia di lavorare sul dialogo che è già scritto benissimo, come quelli di grandi autori che sono abituato a leggere per il mio lavoro di attore teatrale. Non impone mai nulla sull’interpretazione dei personaggi, non dà indicazioni psicologiche precise, si fida moltissimo e qualsiasi gesto del quotidiano, come preparare una tavola per il pranzo, diventa una coreografia".

Assayas, il modo migliore per parlare della terribile pandemia e del lockdown era coi toni della commedia?

"Ho scritto il film più di tre anni fa e speravo di girarlo la primavera successiva, cosa che non mi è stata possibile. Solo la terza primavera dopo il confinamento ho potuto girare ’Hors du Temps’ e penso che se l’avessi scritto in quel momento e non quando tutto stava accadendo, credo che avrei dimenticato molto delle mie reazioni, di questo periodo stranissimo e quando sono tornato alla sceneggiatura che racchiudeva tutta quell’atmosfera, ho anche trovato cose che mi hanno sorpreso e che mi ero dimenticato".

Quali?

"Ad esempio ritornare all’infanzia mentre giravo. Poi c’è un altro dettaglio importante, ovvero la trasformazione dei personaggi operata dai protagonisti, come Micha che interpreta mio fratello Michka. Le parole sono esattamente quelle dette da mio fratello in quel frangente ma non funzionano nello stesso modo perché Micha le ha fatte proprie, tirando fuori un nuovo potenziale anche perché io volevo che gli attori si appropriassero dei protagonisti. Questo ha reso il film universale".

Cosa l’ha spinta a fare questo film?

"La sensazione di dare una risposta personale alla domanda che tutti si sono fatti: saremo capaci di fare tesoro di questa esperienza? E di condividere la cosa, essendo però assolutamente sincero. Non ero sicuro comunque di voler fare questo film perché mi faceva paura l’aspetto puramente autobiografico di girare in quella casa che ancora faccio fatica a chiamare mia, perché è anche di mio fratello ed è soprattutto di mio padre e mia madre. E ci sono tante cose leggerissime, elementi di commedia per gli spettatori che risultano fantastici e al contempo mi fanno paura".

Benedetta Cucci