Malattie sessualmente trasmissibili in crescita a Bologna

La dermatologa del Sant’Orsola: “Al nostro centro si contano 300 nuovi casi all’anno“. La sifilide aumenta del 400%

L'entrata del pronto soccorso del Sant'Orsola

L'entrata del pronto soccorso del Sant'Orsola

Bologna, 8 novembre - Dai primi anni 2000 a oggi in città si è registrata un’impennata delle infezioni sessualmente trasmissibili. Per malattie come sifilide, clamidia e gonorrea ogni anno si contano tra i 100 e i 300 nuovi casi, con un aumento rispetto a 15 anni fa anche del 400%, come per la sifilide.

Dati emersi questa mattina nel corso della commissione comunale Sanità. A fornire i numeri è Antonietta D’Antuono, responsabile del centro malattie sessualmente trasmissibili del dipartimento di dermatologia del Sant’Orsola. Al centro si rivolgono circa 3.500 persone ogni anno come primo accesso.

“La sifilide – spiega D’Antuono – dai primi anni 2000 a oggi è aumentata del 400%’ e oggi si attesta tra i 100 e i 120 nuovi casi all’anno. «Per la maggior parte si tratta di uomini – osserva la responsabile del centro – con una maggiore incidenza tra gli omosessuali’.

Allo stesso modo sono aumentate anche altre malattie veneree: si parla di circa 300 casi all’anno di clamidia, per lo più donne, e di 170 casi di gonorrea. I picchi si registrano tra i ragazzi tra i 18 e i 25 anni e negli uomini dai 50 anni in poi. Per questo, suggerisce D’Antuono, ’la prevenzione dovrebbe uscire dalle scuole e dagli ospedali’ e raggiungere fasce di popolazioni diverse che rimangono scoperte. “Bisogna stare attenti a tutte le sfaccettature”, avverte.

L’aumento delle diagnosi per malattie veneree, spiega ancora D’Antuono, da un lato è dovuto al fatto che “ci sono più persone che si fanno visitare. E questo è positivo”. Ma c’è naturalmente anche il lato negativo, ovvero che “c’è scarsa informazione su queste malattie e poca paura delle infezioni. Non se ne sente parlare”. Il che è legato anche un calo di attenzione verso il rischio Hiv, sostiene D’Antuono. “Oggi che per fortuna ci sono terapie che funzionano – afferma – se ne parla meno e quindi ci si preoccupa di meno”. Tra gli utenti del centro, aggiunge la responsabile, “il 50% dichiara di non usare alcun tipo di contraccettivi e solo l’8% dice di utilizzare sempre il preservativo”.

Il problema è che “anche dei profilattici si parla poco e in pochi lo usano. Molti non considerano a rischio i rapporti orali e anali, perché c’è l’abitudine a pensare che il rischio sia legato a una gravidanza indesiderata”. Inoltre, solo il 70% di chi ha una diagnosi di malattia venerea accetta di fare anche il test Hiv. “È una percentuale molto bassa”, segnala D’Antuono.

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