Bologna, 27 novembre 2021 - "Buongiorno, l’utilizzo della mail è unicamente per la richiesta di terapia cronica. Per qualsiasi altro motivo, chiamare la segreteria. Inoltre, chiediamo di non inviare foto". Con queste poche e asettiche parole, alle 11.59 del 26 maggio, la mail di Michele Merlo sarebbe stata rispedita al mittente. Una mail con cui il cantante ed ex concorrente del talent Amici aveva segnalato per la prima volta i sintomi di quella che si sarebbe rivelata essere la leucemia fulminante che dopo undici giorni, il 6 giugno, lo avrebbe poi ucciso all’ospedale Maggiore.
Una segnalazione con tanto di foto, quella che lo studio associato del suo medico di famiglia a Rosà, in provincia di Vicenza, gli avrebbe chiesto via mail "di non inviare". Una foto choc, molto eloquente, in cui Merlo mostra un vasto ematoma all’interno della coscia della gamba sinistra, indizio della malattia che non sarebbe stato però colto e che anzi, al 28enne vicentino avrebbe visto recapitare una risposta quasi di rimprovero, da parte di una persona senza volto, da parte di un "assistente di studio" qualunque, che davanti alle foto allegate si sarebbe limitato ai "cordiali saluti".
Un’mmagine che insieme ad altre e insieme alle e-mail è ora finita dritta nel fascicolo per omicidio colposo aperto dalla procura di Bologna e qualche giorno fa passato di mano, finendo nella competenza dei magistrati vicentini (visto che l’operato dei medici bolognesi è stato ritenuto corretto dai pm).
Ripercorrendo le tappe di quella malattia fulminante che si è presa la vita di Michele Merlo, in arte Mike Bird, i primi segni risalirebbero al 7 maggio, con quattro ecchimosi di circa 4 centimetri all’altezza del deltoide destro e di due centimetri sull’avambraccio sinistro. Poi altri lividi, più estesi, al braccio e alla coscia, quello riportato anche nella mail del 26 maggio dal cantante, dopo la cui ricezione di risposta alle 11.59, stando alla memoria disposta dall’avvocato della famiglia Merlo, Marco Antonio Dal Ben, il 28enne avrebbe deciso di andare al pronto soccorso dell’ospedale di Cittadella, a Padova.
Ora, sarà compito della procura di Vicenza stabilire se fra questi messaggi, email e fotografie ci possano essere elementi sufficienti per stabilire se qualcuno avrebbe potuto diagnosticare il problema di Michele. Tutti punti critici sottolineati dai magistrati bolognesi quando hanno trasmesso il fascicolo ai colleghi veneti. Perché ora "la famiglia non cerca a ogni costo un colpevole - come dichiarato nei giorni scorsi dall’avvocato Dal Ben -, ma un accertamento vero su che cosa è accaduto e ha portato alla morte", quello sì.