NICOLETTA TEMPERA
Cronaca

Morto dopo sette mesi di coma: "Droga killer". Presi i due pusher

Un operaio di Bazzano, indagini partite dalla denuncia della sorella: nei guai pregiudicato e fidanzata

VALSAMOGGIA (Bologna)

Quella seconda dose di coca, consumata a distanza di poche ore dall’altra, è stata fatale. Un’agonia terribile, quella di Luca Calderara, operaio cinquantacinquenne di Bazzano, nel Bolognese, morto il 14 luglio dopo essere rimasto in coma per sette mesi. Un coma dovuto, stando a quanto stabilito poi dagli accertamenti svolti all’ospedale Maggiore, dove Calderara era stato trasportato d’urgenza la sera del 18 dicembre dell’anno scorso, proprio dall’assunzione di cocaina. Un’evidenza che ha spinto la sorella della vittima a sporgere denuncia ai carabinieri, per indagare su chi avesse venduto quel veleno a suo fratello. Accertamenti che, a distanza di quasi un’anno da quei fatti, hanno portato in carcere Giuseppe Pepe, pregiudicato pugliese di 51 anni, mentre per la sua compagna, V. G., una ragazza imolese di 31 anni, è stato disposto l’obbligo di dimora nella cittadina romagnola. Entrambi rispondono di morte come conseguenza di altro reato e spaccio. A condurre le indagini, coordinate dalla pm Gabriella Tavano, sono stati i carabinieri del Nucleo investigativo, che sono partiti dall’analisi del cellulare della vittima per ricostruirne gli ultimi momenti di coscienza. E, attraverso le chat cristallizzate nella memoria del telefono, sono riusciti a ricostruire come il 18 dicembre del 2022, Calderara aveva chiamato Pepe, ritenuto dall’accusa il suo pusher di fiducia, e gli aveva chiesto di portargli una dose. Lo spacciatore aveva quindi raggiunto a casa il cliente, per consegnare la dose di coca richiesta.

Poche ore dopo, però, la vittima aveva di nuovo scritto a Pepe: "Sono un imbecille, voglio fare il bis. Portamela più grossa". A quel punto, lo spacciatore aveva spedito a casa dell’acquirente la fidanzata. Era stata lei a vendere l’ultima dose, quella fatale, a Calderara. Che subito dopo si era sentito male ed era stato ricoverato in condizioni gravissime al Maggiore di Bologna. Le analisi e gli esami ospedalieri avevano chiarito che, a causare il malore, era stata proprio la cocaina assunta. E da quella certezza erano partite le indagini dei militari dell’Arma, sollecitate dalla sorella della vittima. Un lavoro investigativo che si è concretizzato pochi giorni fa, con l’emissione delle due misure richieste dalla Procura: Pepe, che dopo la morte dell’operaio aveva lasciato la Valsamoggia e se ne era tornato in Puglia, è stato arrestato a Bari e condotto alla casa circondariale Francesco Rucci; per la compagna, invece, in considerazione del ruolo marginale tenuto nell’attività di spaccio, un ruolo ritenuto di mero ‘corriere’, è stato disposto l’obbligo di dimora a Imola.