Noi in difesa dei valori non negoziabili

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Giorgio

Spallone*

Parto da un presupposto indefettibile: i cattolici, qualunque ruolo rivestano nella società, devono servire e mai servirsi della Chiesa. I cattolici hanno, fra gli altri, il compito di impegnarsi in politica – con S. Paolo VI “una delle forme più alte di carità” – secondo le indicazioni di Rerum novarum e più di recente Laudato sì ed Evangelii gaudium, per dare applicazione concreta al messaggio evangelico, cosi come tradotto nella Dottrina sociale della Chiesa.

I cattolici in politica hanno il compito di difendere quelli che S. Giovanni Paolo II definisce “valori non negoziabili”: la tutela della vita, dal concepimento fino alla sua conclusione naturale; la tutela e la promozione della famiglia quale cellula naturale della società; la libertà che Cristo ci ha acquistato sulla Croce, in particolare la libertà religiosa e di educazione dei figli.

ll tutto incardinato nella “carità” secondo la declinazione di Paolo ai Corinzi, che ricomprende in se solidarietà, tutela dei più deboli e fragili, accoglienza e quel patto di “amicizia civile” che i nostri ultimi Pastori hanno, tante volte e spesso inascoltati, proposto ai bolognesi.

Premesso, infine, il rispetto delle leggi secondo la distinzione evangelica fra Dio e Cesare, ogni altro tema della vita politica e civile vede i cattolici agire, al pari di tutti gli altri cittadini, sotto la propria personale responsabilità, rispondendo solo alla propria coscienza ed escluso alcun coinvolgimento della Chiesa nel proprio operato, secondo un principio di laicità rettamente inteso.

L’unico ed esclusivo fine dell’agire in politica dei cattolici non può che essere il perseguimento del bene comune, nella necessaria consapevolezza che il ruolo pubblico prescelto ne accresce la responsabilità dei comportamenti, quali testimoni della fede che professano.

*vice-capolista di Forza Italia

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