Bologna, Medaglia d'onore a Otello dalla Casa: "Gli ideali sono tutto"

L'ex prigioniero politico, 97 anni, deportato in Germania dal ’43 al ’45: " Mi catturarono tre SS armate fino ai denti"

Otello Dalla Casa, 97 anni, è stato prigioniero politico in Germania dal ’43 al ’45

Otello Dalla Casa, 97 anni, è stato prigioniero politico in Germania dal ’43 al ’45

Bologna, 24 maggio 2022 - Un pezzo di storia vivente della nostra città abita in un condominio in zona San Donato. Otello Dalla Casa, 97 anni, racconta gli anni da prigioniero politico dal 1943 al 1945 in Germania dal divano di casa sua, in attesa di ricevere, il primo giugno in Prefettura, la medaglia all’onore della Repubblica italiana. Una vita spesa per un’idea, da quando accompagnava il padre a mettere i fiori sulla tomba di Andrea Costa, all’impegno a Medicina: nel sindacato, la militanza nel Psi, fino al referendum del 2 giugno per dire sì alla Repubblica. Nella sua casa, dietro il quadretto della Granarolo per cui ha lavorato 25 anni, una foto in bianco e nero che racconta un mondo tragico e purtroppo vero: quello di lui, poco più che diciottenne, catturato dalle SS. Nella foto ha lo sguardo basso e il numero di matricola ben in vista, che lui recita a memoria nonostante siano passati quasi 80 anni. Di quell’Otello sono rimasti i ricordi: i campi di prigionia dove un cartoccio di formaggio aveva il sapore del paradiso, i compagni di branda scomparsi, le miserie e le nobiltà di quegli anni infami.

Otello si aspettava di ricevere la medaglia all’onore?

"Sono contento che si sia deciso di concedere la medaglia ai deportati. Ma potevano pensarci un poco prima, visto che più della metà dei miei compagni di sventura non c’è più... Il primo giugno ci sarò con mia moglie, mia figlia, mio figlio e i miei tre nipoti".

Lei venne catturato il 10 settembre 1943. Che cosa ricorda di quel giorno?

"Ero in caserma a Vercelli, mi tolsi con i miei compagni la divisa della fanteria, e con loro tentai di fuggire, ma ci presero gli ufficiali delle SS e ci portarono in un campo di smistamento in Germania. Un gerarca fascista arringò una folla di 20mila persone: voleva costringerci ad arruolarci per la Repubblica di Salò. Si prese un sacco di fischi: il nostro no ci costò il triangolo rosso di deportati politici".

Ebbe paura di non farcela?

"Se sono qui a parlare sul divano di casa sono stato fortunato... ricordo un mio amico che venne spedito al Lazzaretto e non lo vidi più. La situazione era drammatica, ma non mi sono mai perso d’animo. Mi sono messo a lavorare. E il lavoro mi ha salvato".

Si ricorda il giorno in cui la deportarono?

"Perbacco! Io ero con altri due miei compagni. Tre SS armate fino ai denti, con la rivoltella nei gambaletti, ci circondarono. Ci chiamavano ’Badoglio’, per darci dei traditori. Quei tre là erano molto cattivi, noi eravamo solo dei ragazzi...".

Furono an ni terribili?

"Rimasi in Germania dal 13 settembre ’43 al 22 luglio ’45. Ricordo alcuni giorni durissimi, io in una baracca con la colonnina della temperatura a 18 gradi sottozero e poco cibo. Ma, grazie al fatto che lavoravo da bracciante, m’impiegarono per ripianare un campo. Mi davano la zuppa con un po’di carne perché ero bravo...".

In quei momenti, così duri, ha mai pensato: forse non ho fatto la scelta giusta...

"Giammai! La coerenza delle idee è tutto. E per rispettarle bisogna essere disposti a sacrificarsi. Mio padre nel giorno dei Santi portava i fiori sulla tomba di Andrea Costa... Il 25 luglio 1945 quando tornai a casa, sul tavolo c’er a l’ Avanti! . A casa mia ci sono state sempre buone radici. E idee di libertà e democrazia".

Lei s’iscrisse al Psi, ma poi passò al Pci di Berlinguer, oggi è iscritto al Pd...

"Sì. E resta un’eredità: aiutare la gente più debole. Che non ce la fa. È questa la grande sfida. Altrimenti per la nostra specie cessa il diritto di esistere".

Lei ha combattuto nella Seconda Guerra Mondiale, è stato deportato in Germania. Che cosa ne pensa della guerra in Ucraina?

"Ho sempre partecipato alla marcia della pace ad Assisi. A quelle per il Vietnam. Ma qui i russi mica usano il castagnaccio: i russi sono una vergogna. Quindi, giusto mandare le armi agli ucraini".

Otello è stanco. Ha parlato tanto, gli occhi lucidi tradiscono quei ricordi lontani. Di fronte a lui, la moglie Giuliana, compagna di vita da 70 anni, e la figlia Elena, orgogliosa dell’esempio del padre. Otello si alza in piedi, a metà tra il sorriso e il pianto, e si accomiata con un augurio: "La vita vi riservi il meglio del possibile".

 

 

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