Premio Campiello 2019, Andrea Tarabbia: "Bologna aiuta a scrivere"

Lo scrittore vive sotto le Due Torri da nove anni. “Questa città mi ha aiutato a lavorare”

Andrea Tarabbia, fresco vincitore del premio Campiello

Andrea Tarabbia, fresco vincitore del premio Campiello

Bologna, 17 settembre 2019 – Essendo astemio, non ha nemmeno brindato. «Poi essendo accompagnato a Venezia da mia moglia Laura incinta di sei mesi di Caterina che nascerà a dicembre e dal primogenito Lorenzo che ha sei anni ma quella sera era più eccitato di me, la festa è stata una semplice cena di famiglia». Prima di tornare a Bologna. Perché il lombardo Andrea Tarabbia che sabato ha conquistato alla Fenice l’edizione 2019 del Premio Campiello con ‘Madrigale senza suono’ (Bollati Boringhieri), da fine 2010 è un nostro concittadino. «Mia moglie lavora dal 2009 in Zanichelli e, da pendolari del weekend, abbiamo deciso di ricongiungerci qui dov’è nato nostro figlio nel 2013 e dove vedrà la luce a fine anno la nostra bambina».  

Nel romanzo però Bologna non compare... «In realtà, stare qui mi ha consentito di avere due preziosi consulenti come Michele Vannelli e Alberto Allegrezza che hanno reso credibile tutta la parte del racconto in cui Gesualdo da Venosa suona e compone. Non volevo fare una descrizione didattica e ho mandato loro queste parti proprio per mettermi al riparo da tale rischio. Se fossi stato a Saronno, avrei faticato il triplo a trovare un sostegno del genere».  

Quali sono le chiavi che rendono un romanzo un bestseller? «Se me ne rendessi conto e lo sapessi significherebbe che ho proceduto con artifici e senza autenticità. Questo libro l’ho fatto come volevo, senza mai fingere con me stesso di essere un altro pur di raggiungere il traguardo del premio. E sulla vittoria ha senz’altro giocato il fatto che si trattasse di una cinquina molto densa, bisognosa di un lettore preparato e senza un nome pop che avrebbe fatto più facilmente colpo sulla giuria. Così ce la siamo giocata tutti alla pari, senza particolare competizione tra noi. Anzo, ci siamo trovati subito e piaciuti, anche perché tanto la formula del Campiello non consente di influenzare in alcun modo la giuria, che è anonima».  

Ha già pronto il prossimo titolo? «No, sono fermo perché di solito impiego quattro anni a fare un libro e non sono materialmente in grado di tirare fuori qualcosa solo per dare continuità. Del resto, il mio pubblico si aspetta lentezza e riflessione perché sa che desidero far uscire il prodotto migliore possibile. Però ho curato per Zanichelli un manualetto sulle figure retoriche di prossima pubblicazione».  

Sta già subendo il contraccolpo della popolarità? «È passato troppo poco per accorgemene anche se sono aumentate le richieste d’intervista. Poi sabato sono stato invitato a un dibattito in Arena del Sole con Fois, la Sarchi e la Verasani».  

La comunità di scrittori bolognesi come l’ha accolta? «Frequento Wu Ming 1, Gianluca Morozzi, Alessandra Sarchi, Marcello Fois che è stato uno dei primi a messaggiarmi per complimentarsi».  

Che aria respira uno scrittore a Bologna? «Il fermento letterario è una tradizione per molteplici generi e stili. Si va dalla scrittura collettiva al giallismo e al mio arrivo nessun ambiente si è chiuso. E non era scontato. Ma la cosa che mi ha colpito di più in questi anni è la quantità di gente che scrive, che produce anche a liv ello underground e si tratta di un sommerso di qualità. Non mi era mai capitato di trovare, prima di approdare qui, una presenza così significativa, segno che si tratta di un buon posto per scrivere, nonostante non sia un fulcro editoriale come possono essere Milano, Torino e Roma».  

Se avesse una leva di comando su cosa agirebbe dal punto di vista culturale? «Il bisogno più urgente che avverto è quello di avvicinare fin dall’infanzia i bambini ai libri, sapendo che la battaglia col videogioco li vedrà sempre perdenti. Però è fondamentale, perché io che tengo molti corsi di scrittura trovo tra gli allievi anche buoni talenti però con lacune pazzesche a livello di conoscenza letteraria. Così bisogna cominciare dal basso, elementari e medie, a sviluppare politiche di diffusione del libro. Come fa l’associazione Piccoli Maestri: ogni scrittore sceglie un classico e lo va a raccontare a suo modo ai ragazzi di medie e superiori. Uno storytelling che funziona e tiene viva la letteratura».  

Da ‘Madrigale senza suono’ verranno ricavati un film o una serie? «Esiste un blando sondaggio da un produttore ma non si tratta di alcunché di immediato per un problema essenzialmente di costi. Si tratterebbe infatti di una pellicola in costume, per forza ricca di comparse e che deve trarre il suo appeal anche da un nome prestigioso nei panni del protagonista. Insomma un’operazione complicata e difficile».  

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