LETIZIA GAMBERINI
Cronaca

Saviano: "Le regole mafiose passano dal cuore"

Lo scrittore stasera al Duse con ’Appartenere’: come sesso e amore dettano alleanze e faide. "La gente mi restituisce umanità"

Saviano: "Le regole mafiose passano dal cuore"

Saviano: "Le regole mafiose passano dal cuore"

Roberto Saviano, come mai in ’Appartenere’ ha deciso di approfondire il lato ’romantico’ della criminalità organizzata?

"Perché mi sono reso conto – spiega il giornalista e scrittore, una vita di lotta e denuncia, che stasera alle 21 sarà al Duse con il nuovo spettacolo – che, pur essendo un aspetto fondamentale per comprendere e indagare le dinamiche criminali, è stato ignorato. Non esiste nulla che racconti i codici che regolano i rapporti sentimentali e sessuali all’interno delle organizzazioni criminali. E invece conoscerli è importantissimo perché ha molto a che fare con il dominio sui corpi e sui sentimenti".

La mafia sembra un mondo che non può farsi intaccare, ’distrarre’ dai sentimenti. C’è un romanticismo fra i boss?

"Verissimo: dall’esterno sembra un mondo immune ai sentimenti e a qualunque rapporto che riguardi l’intimità, la sessualità, ma non è così. Dinamiche amorose hanno determinato l’inizio di faide o la loro fine, hanno consentito di stringere alleanze o di consumare vendette. Quando tutto resta all’interno del codice, le cose vanno come devono e le organizzazioni traggono vantaggio persino da sentimenti, amore e sesso; quando i percorsi si discostano tutto sfugge al controllo. Così, mentre è in corso una faida sanguinaria, il boss di Secondigliano Paolo Di Lauro è in Russia a inseguire la donna di cui è innamorato".

Nel recital evoca molti legami, anche omossessuali. Quali storie l’hanno colpita di più?

"Tutto parte dal decalogo che emerge dal primo dialogo tra Falcone e Buscetta che inizia a collaborare con la giustizia. Non omicidi o affari, ma le regole fondamentali che consentono di poter far parte di Cosa nostra. Per poter essere dentro Cosa nostra bisogna essere monogami, non divorziati, non gay e non avere parenti gay".

Da Aemilia nella nostra regione è cambiata la percezione della mafia. Bologna sembra però sempre solo sfiorata dalle grandi inchieste. È un territorio davvero estraneo?

"Non lo è, come ha dimostrato la relazione della Direzione Investigativa Antimafia sulla criminalità organizzata a Bologna e in Emilia-Romagna presentata nel 2022. Bologna è sempre sembrata avere un’economia altra, ha l’università e questo ha contribuito a presidiare e proteggere a lungo il territorio. Ma non è stata una protezione sufficiente. La vicinanza con aree infiltrate da camorra e ‘ndrangheta, la crisi economica conseguenza del Covid e dei conflitti in corso, ha portato a un rafforzamento del segmento criminale anche a Bologna e provincia. La DIA confermerebbe la presenza di soggetti legati alla cosca calabrese Grande Aracri e a quello dei Molè-Piromalli di Gioia Tauro. Nell’ambito dell’operazione Radici, coordinata dalla DDA di Bologna, a ottobre 2022 sono stati arrestati soggetti considerati vicini ai Piromalli e alla cosca Mancuso di Limbadi. Anche il clan Zagaria e affiliati al clan dei casalesi sarebbero operativi nei settori che riguardano il riciclaggio e le truffe alle assicurazioni. Infine è florido in tutta l’Emilia-Romagna il settore che più di tutti porta liquidità nelle casse delle organizzazioni criminali: il traffico di stupefacenti".

È appena uscito l’audiolibro di ‘Gomorra’, letto da lei, e ha dichiarato di essersi in qualche modo pentito di avere scritto il romanzo-simbolo. È così? Cosa la motiva a continuare?

"Quando Audible ha manifestato interesse, ho pensato che mi avrebbe fatto piacere immergermi di nuovo nelle pagine di Gomorra, ma mentre registravo ero inquieto, sofferente, come se la ferita avesse ricominciato a sanguinare. E la ferita è la consapevolezza che Gomorra mi ha dato tutto e mi ha tolto tutto. Leggerlo è stato però terapeutico, è come se avessi fatto pace con la consapevolezza che esisteva un solo modo per scrivere Gomorra, ed è la strada che ho deciso di percorrere. Per anni ho pensato che avrei potuto proteggermi, che avrei potuto mantenere le storie e le trame ma modificare i nomi, rendere irriconoscibili i protagonisti, ma che effetto avrei ottenuto? Avrei lavorato a un affresco senza denuncia e io invece avevo chiari i miei riferimenti. Truman Capote, Vollman e il New Journalism: volevo scrivere un racconto del reale ma con veste letteraria".

Cosa avrebbe fatto nella sua vita se avesse intrapreso una strada diversa?

"Posso dire cosa avrei desiderato… avrei voluto essere semplicemente uno scrittore. Ma le cose sono andare diversamente".

Cosa le dà il teatro?

"L’accoglienza del pubblico è caldissima e sempre inattesa. L’essere bersaglio di politici e giornalisti, esser portato a processo per ogni critica, l’essere sulle prime pagine dei quotidiani di estrema destra scava un tarlo nella testa e un fossato attorno a te. Non riesci più a vedere chi ti è vicino, chi ti sostiene. Il teatro annulla queste distanze e fuga ogni dubbio. Questo tour mi sta restituendo una dimensione umana che temevo si fosse persa".