Strage, indagato il factotum di Licio Gelli

L’affarista Marco Ceruti per la Procura generale era presente a Roma all’incontro tra il ‘Venerabile’ della P2 e i Nar. "Disse il falso".

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di Nicola Bianchi

Nel pizzino sequestrato a villa Gelli, c’è una sigla: "M.C.". Per gli inquirenti, Marco Ceruti. Una delle figure chiave nella maxi indagine sui mandanti della strage del 2 agosto 1980 e che oggi, da quanto trapela, risulta indagato per avere detto il falso. Ma – e qui le ipotesi e gli atti secretati – è ancora aperto uno stralcio investigativo, con accuse ben più gravi, che la Procura generale è pronta a chiudere a metà settembre. Andiamo con ordine.

Lusso toscano. Fiorentino doc, 80 anni il 18 agosto, grossissimo imprenditore (fu proprietario del Doney e di altri ristoranti di lusso), Marco Ceruti finì nei guai per il crack del Banco Ambrosiano. Il suo nome oggi compare nella ricostruzione della Finanza, legato a operazioni bancarie manovrate da Licio Gelli, dal suo braccio destro Umberto Ortolani e dall’ex prefetto Federico Umberto D’Amato, "mandanti, finanziatori e organizzatori" della strage di Bologna, per i magistrati della Procura generale. Tutti però morti. E proprio le indagini sui "mandanti", dicono che dal crack del Banco, dal Maestro Venerabile sarebbero stati distratti 5 milioni di dollari e girati in quattro conti: uno intestato allo stesso Gelli, due (Tortuga e Bukada) al suo factotum, Marco Ceruti, un quarto riconducibile a Umberto Ortolani. Così il ’documento Bologna’, sequestrato a Gelli il 13 settembre ’81, giorno dell’arresto. Poi ecco il pizzino, scovato nella villa di Castiglion Fibocchi con la lista dei 962 piduisti, che "presenta collegamenti con il documento Bologna": al signor "M.C.", tra "il 20 e 30 luglio 1980", Gelli avrebbe consegnato 1 milione in contanti. "Il 20% – così il manoscritto – di 5 milioni". Dollari che, per le accuse, sarebbero poi stati girati ai Nar per la carneficina alla stazione. Quando? Il 31 luglio 1980, all’hotel Excelsior di Roma, dove Gelli e Ceruti erano regolarmente registrati. Non però Giusva Fioravanti e la moglie Francesca Mambro, condannati all’ergastolo per l’orrore di Bologna, che sarebbero arrivati proprio per l’occasione. Sempre però smentita da entrambi.

Il falso ai pm. Arriviamo al 2018: il 13 febbraio, l’avvocato generale Alberto Candi e i sostituti pg Umberto Palma e Nicola Proto, decidono di sentire Ceruti e lo convocano in qualità di testimone assistito per i suoi vecchi guai con il Banco. La ’chiacchierata’ si tiene nella caserma dei carabinieri di Sasso Marconi, con oggetto una serie di operazioni bancarie con Ortolani, il cassiere della P2 e grandissimo collezionista di antiquariato. Ceruti spiega ai magistrati di avergli trovato opere rare e pregiate e, in cambio, ricevuto regolari bonifici. "Tutto normale", si congeda il fiorentino. Durante l’incontro si fa anche il nome di Gelli, ma mai legato ai Nar, alla Capitale e alla strage. Sei giorni più tardi, il 19 febbraio, Marco Ceruti viene riconvocato, ufficialmente per "alcuni chiarimenti". Questa volta l’interrogatorio, con identiche modalità, avviene alla stazione carabinieri di Roma Flaminia, sempre davanti a Candi, Proto e Palma. Si inizia con Ceruti testimone, si finisce con lo stesso indagato per false dichiarazioni. In mezzo, un confronto all’americana con il nipote di un imprenditore del mondo dell’arte (Di Nunzio, deceduto nel 1981) che avrebbe procurato a Ceruti una serie di affari da proporre a Ortolani. Dal confronto, molto breve, emerse ben poco (il nipote non ricordò nemmeno la "passione dello zio per l’antiquariato"), mentre l’acceso interrogatorio a un certo momento fu sospeso dai magistrati per le "falsità" del teste, per questo indagato.

Lo stralcio. Da allora Ceruti non è più stato sentito, nemmeno per chiarire la sua presunta presenza a Roma il 31 luglio ’80. E qui il ’giallo’: il suo nome, infatti, non compare nè tra i quattro indagati e archiviati perché deceduti (Gelli, Ortolani, D’Amato e Mario Tedeschi, ex direttore del ‘Borghese’), nè tra quelli per cui ora la Procura generale ne chiede il giudizio (Paolo Bellini, concorso in strage, Domenico Catracchia, falso, Quintino Spella e Piergiorgio Segatel, depistaggio). La risposta? Tra le carte secretate dell’indagine che presto saranno svelate. E notificate.

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