Tentato omicidio, pene ridotte per i sicari

L’imprenditore era stato investito da un’auto mentre era in bicicletta. In primo grado il mandante aveva patteggiato quattro anni e 8 mesi

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Pene ridotte in appello per i presunti esecutori materiali del tentato omicidio ai danni di un imprenditore di 44 anni titolare di un’azienda di logistica della zona industriale di Molinella, investito da un’auto mentre era in bicicletta il 19 giugno 2019. A ottobre 2020 i carabinieri arrestarono il mandante del fatto, Manuel Sanchini, anche lui imprenditore, di Bertinoro che in primo grado aveva patteggiato quattro anni e otto mesi. Oltre a Sanchini furono oggetto di ordinanze di custodia cautelare tre uomini di Cerignola (Foggia), presunti sicari. Sarebbero stati assoldati per uccidere l’uomo, debitore di Sanchini e suo ex socio. Per tutti e tre davanti alla Corte di Appello è stato accolto un concordato, una sorta di patteggiamento nel processo di secondo grado. Paolo Tufariello, difeso dagli avvocati Roberto D’Errico e Valerio Spigarelli, è passato così da otto anni e due mesi a sei anni e due mesi; Giuseppe Avello, difeso dall’avvocato Luca Sebastiani e Angelo Pio Daluiso, difeso dall’avvocato Matteo Perchinunno, entrambi passano da sei anni e dieci mesi a cinque anni.

I fatti contestati risalgono al maggio del 2019, quando stando a quanto ricostruito dai carabinieri della compagnia di Molinella, i tre pugliesi dopo più appostamenti nei pressi dell’azienda del 44enne, avevano rubato a Imola un’Alfa Romeo 156 e, a tutta velocità, il 19 giugno, avevano investito l’imprenditore mentre in bicicletta si recava al lavoro. L’uomo ne era uscito con sessanta giorni di prognosi e una certezza: "L’auto procedeva contro di me puntandomi. È stato un atto volontario".

La vittima aveva presentato una denuncia per ricostruire i fatti di quell’incidente, tanto anomalo, parlando anche di un’aggressione, avvenuta pochi giorni prima, in uno dei suoi magazzini, da parte di tre uomini. I militari dell’Arma, intanto, avevano rintracciato l’Alfa grigia, usata per investire l’imprenditore, a Selva Malvezzi. Ricoperta con polvere d’estintore e data alle fiamme, per coprire ogni traccia di chi l’aveva guidata. Grazie alla testimonianza fornita dalla vittima, i carabinieri erano quindi arrivati a Sanchini. Che aveva motivi di rancore con il collega, accusandolo di aver ridotto la sua azienda sul lastrico per via di somme mai pagate, circostanza smentita dalla vittima. Il forlivese aveva contattato Tufariello, che a sua volta aveva reclutato Avello e Daluiso, organizzando per loro vitto, alloggio e ingaggio cash: "Ma io volevo solo spaventarlo, non volevo fargli del male", aveva confessato poi ai carabinieri. La difesa dei tre pugliesi, nel corso del dibattimento, ha sostenuto che l’obiettivo non era uccidere l’imprenditore, soltanto causargli lesioni.

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