Appuntamento con ’Berchidda Live. Un viaggio nell’archivio Time in Jazz, il film concerto sui trentacinque anni di storia del festival musicale creato da Paolo Fresu, scritto e diretto a sei mani da Gianfranco Cabiddu, Michele Mellara e Alessandro Rossi, che arriva nelle sale italiane distribuito dalla Cineteca da questa settiamana e che domani verrà presentato al cinema Lumière alle 20 alla presenza dei registi e del musicista sardo che ha scelto Bologna per vivere.
Mellara e Rossi, i grandi esploratori degli archivi filmici da 25 anni. Con questo lavoro volevate superarvi?
"In effetti è stato un lavoro lungo e certosino. Del resto, quando ci siamo approcciati all’idea, dopo aver conosciuto Paolo Fresu, erano già 25 anni che l’amico Gianfranco Cabiddu raccoglieva materiale video al Time in Jazz di Berchidda e stava pensando a come conservare e utilizzare l’immenso archivio di oltre 1.500 ore di filmati".
Come avete deciso di procedere?
"Si è deciso di portare l’archivio a Bologna, affidarlo a Home Movies per la digitalizzazione, operazione resa possibile grazie a un sostegno significativo della Regione Emilia Romagna e da quello trarre, a sei mani, un documentario che è diventato un grande concerto".
Che regia avete scelto?
"Non volevamo fare un lavoro cronologico, ovvero una storia pedissequa del festival dalla sua nascita ad oggi, bensì un film emozionale e coinvolgente che mettesse in relazione il festival con i tanti musicisti di varie aree musicali, non solo jazz, che hanno partecipato al festival, con i luoghi meravigliosi, sublimi e molto spesso inesplorati della Sardegna in cui il festival si svolge, da Berchidda, l’epicentro, verso tutto nord-ovest. E poi anche il rapporto col pubblico, che in 40 anni di festival, è ovviamente cambiato. Il risultato che volevamo ottenere insomma è quindi un ritratto sia musicale, attraverso una grande manifestazione, ma anche di una parte d’Italia specifica. Non solo. Questo lavoro è anche un lungo documentario di montaggio, che è stato curato da Massimiliano Bartolini".
Con tutti i musicisti che sono passati al festival, come avete fatto ad operare una scelta per selezionale il materiale?
"Si è trattato anche di un lavoro di sintesi, ricostruzione ed elaborazione, attraverso sequenze di montaggio emozionali, con tanti panorami musicali differenti, di una colonna sonora originale che è anche il soggetto principale del film e la scelta più complessa da operare. Mentre montavamo – proseguono i registi –, continuava anche la digitalizzazione dei materiali d’archivio e quindi arrivavano continuamente nuove suggestioni: ecco perché il completamento del film è stato lungo. La scelta ha seguito l’emozione musicale di un brano, la nostra ricerca di autori che ci incuriosivano e delle assonanze legate sia agli strumenti, per cui ci sono all’interno del film sezioni aperte dedicate ai pianoforti e agli ottoni, che alle atmosfere musicali e alle evocazioni dei paesagg"i.
Il vostro lavoro suggerisce un ’Time Jazz’ special edition, perché lo spettatore si siede in poltrona e assiste a tante edizioni insieme, una sorta di ‘best of’ in un grande viaggio.
"È un grande viaggio nella storia di quella parte dell’isola, nella storia più recente della musica che è davvero varia, e alla scoperta di luoghi davvero inesplorati. Un viaggio di conoscenza".
Benedetta Cucci
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