Zuppi cittadino onorario "Qui mi sento accolto e protetto Questa città abbatte i muri"

Il cardinale ha ricevuto la pergamena dal sindaco Lepore davanti al Consiglio comunale "Questo riconoscimento non è un traguardo, continuerò a impegnarmi con i miei fratelli"

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di Massimo Selleri

Nel prendere possesso della cattedra episcopale di Bologna, uno dei primi gesti ‘laici’ del cardinale Matteo Zuppi fu quello di incontrare i lavoratori della Saeco che stavano dando vita ad un estenuante braccio di ferro con la Philips per difendere il proprio posto di lavoro. Era il 12 dicembre del 2015 e gli operai lo aspettavano all’uscita del Santuario della Beata Vergine delle Grazie di Boccadirio nel territorio di Castiglion dei Pepoli. Non aveva ancora messo piede nella cattedrale di San Pietro e già si occupava di chi si era ritrovato improvvisamente senza sicurezze per il proprio futuro. Uno così non poteva non diventare cittadino onorario di un comune che ha nella sua storia un primato poco conosciuto ma molto nobile, avendo per primo eliminato la schiavitù nel 1259.

Ieri questa onorificenza ‘naturale’ è arrivata e lo stesso sindaco Matteo Lepore, nel presentarla, è partito dal giorno in cui Zuppi è entrato in città come suo arcivescovo: "Per noi don Matteo – ha spiegato Lepore – è un punto di riferimento, il quale ci permette di tenere accesa la lanterna davanti senza lasciare indietro nessuno. Quando è arrivato ci ha invitato a occuparci delle grandi questioni come la casa e il lavoro e da lì sono partite diverse collaborazioni che abbiamo avviato in questi anni. Il senso di comunità che abbiamo hanno portato il Consiglio comunale a votare all’unanimità l’assegnazione della cittadinanza onoraria al cardinale. La lettera che ha scritto alla Costituzione italiana sostiene punti programmatici decisivi per lo sviluppo del nostro paese, tra cui il lavoro, la democrazia, la scuola, la salute. Sono tutti punti che noi condividiamo".

La presidente del Consiglio comunale Maria Caterina Manca ha poi illustrato i motivi che hanno portato all’onorificenza.

"Questo riconoscimento non lo sento affatto un traguardo – le parole di Zuppi, che è anche presidente della Cei, accompagnato dalla sorella Cecilia – Per me è un compito continuare a impegnarmi con i miei fratelli, per far somigliare sempre più Bologna a quella città che Dio ha progettato per ciascuno di noi. È il mio e il nostro noi, lo ricorda bene San Petronio. Ha sempre la città tra le mani, ce la presenta affinché nessuno si pensi come un’isola e ci ammonisce di servirla, non di usarla. Petronio la tiene stretta, ma non la possiede, perché la ama. Protegge tutti, senza distinzioni, perché sia per tutti, a partire dai più poveri, luogo di accoglienza e di riparo. Questa è sempre stata la forza di Bologna, che ho conosciuto e ho veramente apprezzato". Andare in Piazza Maggiore il Primo maggio fu un altro gesto che cambiò un’epoca. Fino al 2016 nessun arcivescovo si era presentato alla manifestazione organizzata dai sindacati, ma uno dei punti fermi della pastorale di Zuppi è quello di unire e non di dividere.

"Bologna ha cambiato nei secoli tante mura – ha continuato il cardinale – e adesso le ha buttate giù, pur conservandone l’identità per non smarrirsi. Perché Bologna voleva crescere. Quando si ha paura si alzano barriere e muri, quando si guarda al futuro si abbattono. La sfida è proprio questa". A Bologna ha anche portato un modo nuovo di pensare alla pace. Forte dell’esperienza di aver fatto cessare la guerra in Mozambico, zitto zitto convinse gli attivisti dell’Eta a consegnare il loro arsenale al governo francese.

"Esiste un diritto alla pace – ha detto – perché sono nostre le sofferenze di coloro che sono colpiti dalla violenza e dalla guerra. Quindi come non sentire il dolore dell’Ucraina, dei suoi tanti figli che lavorano qui, che sono per certi versi anche nostri concittadini. Per cui chiedo con insistenza una tregua per Natale". La prossima sfida riguarda la partenza di 73 progetti per il terzo mondo, dall’Asia all’America Latina passando per l’Africa.

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