Dodi Battaglia, una vita con i Pooh: “Tornare all’Ariston, che emozione”

La band è stata ospite sul palco che l’ha vista trionfare nel 1990. Commozione per il ricordo di D’Orazio. L’annuncio del mega concerto a San Siro il prossimo luglio: “Daremo il massimo, sarà straordinario”

Dodi Battaglia con la sua Fender Stratocaster

Dodi Battaglia con la sua Fender Stratocaster

Bologna, 12 febbraio 2023 – Cinquant’anni di storia insieme, amici per sempre. Questi sono i Pooh, che si sono esibiti martedì sera all’Ariston durante la 73esima edizione del festival di Sanremo portando un medley con i loro più grandi successi. E proprio su quel palco hanno annunciato la notizia che tutti i loro fan stavano aspettando da sempre: un ultimo grande concerto a San Siro il 6 luglio. Oltre 50mila i biglietti venduti, a soli tre giorni dall’annuncio. “Stiamo preparando qualcosa di speciale, vogliamo dare il 100 per cento di noi stessi su quel palco”, afferma il chitarrista dei Pooh Dodi Battaglia.

Dodi Battaglia, martedì eravate super ospiti a Sanremo: com’è andata e com’è stato cantare di nuovo tutti insieme sul palco dell’Ariston? “Come dice la battuta, Sanremo è Sanremo. Tornare su quel palco dove noi trionfammo nel 1990 è nuovamente una grande emozione. E’ un palcoscenico che noi abbiamo frequentato poco, ma martedì l’abbiamo fatto insieme. Ognuno di noi aveva preso delle strade diverse, non perché avessimo litigato ma perché abbiamo scelto di percorrere carriere separate. La reunion all’Ariston è nata da una proposta che ci ha fatto la moglie di Valerio Negrini, nostro primo batterista e paroliere, che ci ha chiesto di partecipare a una serata a Milano il 20 febbraio. Ci siamo ritrovati per questo e in quell’occasione è arrivata la proposta di Amadeus e abbiamo detto ‘perché no’”. A tal proposito, nel 1990 avete trionfato a Sanremo e poi avete deciso di non gareggiare più. A posteriori, cambierebbe questa scelta? “No. Ho sempre pensato che Sanremo sia una grande cassa di risonanza quando sei giovane. Negli ultimi anni Sanremo ha sfornato talenti come Mahmood, Irama, Blanco. Loro avevano bisogno di Sanremo per farsi conoscere. Il mio pensiero è che quando tu sei già a un certo livello di notorietà, come noi lo eravamo nel 1990, è solo un rischio. Se le cose ti vanno bene mantieni la tua credibilità, se le cose vanno male rischi solo di rovinare un percorso che hai fatto. Sanremo è fantastico, ma è una cassa di risonanza molto ampia, se fai delle cose abbastanza imbarazzanti - come ho visto fare coi duetti di venerdì e non farò nomi - rischi di rovinare quello che hai costruito in anni”. Martedì, durante la vostra Uomini soli è calato il sipario dove è stato proiettato il video di Stefano D’Orazio. Per il pubblico a casa è stata una grandissima emozione. Lei cosa ha provato? “Ho rivisto la scena dopo, perché sul palco ero di spalle, e quando l’ho rivista ho capito perché ci siano arrivati migliaia di messaggi. Dire che è stato emozionante è scontato, ci ha fatto abbastanza piangere, mi sono commosso”. Qual è il ricordo più bello che ha di D’Orazio? “Mi ricordo il suo carattere, era un romano festoso, positivo, generoso, di una simpatia travolgente. Mi manca molto, come ci manca molto il grande Valerio Negrini, l’autore che ha canzoni di successo come Ho tanta voglia di lei, Pensiero, Chi fermerà la musica e Uomini soli. Sono due personaggi dopo la morte dei quali non siamo soliti dire “non ci sono più parole”".

Annunciate il vostro scioglimento nel 2016, ma poi tornate insieme. Ora farete un concerto il 6 luglio a San Siro. C’è quasi una forza che vi tira e vi spinge a tornare sempre insieme? “All’Ariston abbiamo cantato a squarciagola Amici per sempre. Fra noi c’è un rispetto di fondo, un’amicizia che non si cancella. Sono state una serie di casualità a farci ritrovare. Credo che la risposta sia ‘perché è una cosa bella’. Il fatto che, dopo 50 anni di storia, ci troviamo sul palco insieme a cantare, Amadeus che ci ha dato uno spazio straordinario, l’aver annunciato San Siro e che dopo 5 giorni siano stati venduti 20mila biglietti, il giorno dopo 40mila e oggi siamo quasi sold out. Sono tutte cose belle. E allora le cose belle vanno prese dalla vita perché la vita è così”. Lei è un bolognese doc. Con i Pooh ha viaggiato tantissimo e poteva vivere ovunque, ma in ogni caso ha scelto la sua città. Bologna è una regola, come cantava Carboni? “Ho vissuto a Bologna, poi a Roma e poi a Milano per esigenze lavorative, poi a Castel Maggiore e poi di nuovo a Bologna. Bologna è una chioccia, con i suoi portici ti protegge. Ti fa vivere una realtà di normalità, che non è quella con gente che ci corre dietro per fare selfie e altro. È il mio punto fermo, è il mio contatto con la realtà. Alle porte di Bologna ci sono i campi che i miei nonni zappavano, per arrivare dove sono oggi. Milano è la capitale dell’industria discografica, Roma del cinema e Bologna degli orchestrali, come dice de Gregori, e io ho scelto Bologna”. Torniamo a Sanremo. Dopo la vostra esibizione c’è stato il Blanco Gate. Eravate ancora lì? “Stavamo andando via, l’ho vista dopo in tv. Mah, che dire. Credo gli sia andato il sangue al cervello e capisco sia giovane, ma se fossi stato il suo produttore gli avrei sconsigliato di fare una cosa del genere, perché perdi credibilità. Cosa ha portato di buono? Non ha eseguito il suo brano e ha dato un’immagine di poca affidabilità. Per cui io guardo i fatti, le conseguenze di ciò che uno fa, questo non solo sul palco ma nella vita. Non mi permetto di giudicare, questa è solo la mia impressione”. Cosa si devono aspettare i vostri fan dal concerto del 6 luglio? “Non ci dormo la notte (ride, ndr). Credo che debba essere veramente una grande occasione per tirare fuori le unghie, per dimostrare che i Pooh sono ‘alive and kicking’. Posso dire che la scaletta che faremo durante questo concerto sarà la più lunga che noi abbiamo fatto da quando suoniamo insieme. Credo che sia corretto dare fino all’ultima goccia di sangue a questa gente che ci ha seguito per tanti anni. Stiamo già pensando a degli effetti scenici particolari di cui non posso ancora parlare, ma sarà qualcosa di speciale”.

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