Premio Mascagni, Leonardo, arte e scienza si fondono nei restauri

Nasce nel 2000 la società di analisi, restauro e manutenzione di beni culturali e palazzi storici

Rossana Gabrielli e Francesco Geminiani, fondatori di Leonardo

Rossana Gabrielli e Francesco Geminiani, fondatori di Leonardo

Bologna, 24 ottobre 2017 - La storia di Leonardo, società di analisi, restauro e manutenzione di beni culturali e palazzi storici, inizia sull’impalcatura per il restauro della Garisenda. «Ero una ricercatrice, mi occupavo di analisi dei beni culturali – racconta Rossana Gabrielli –. Ho visto quell’impalcatura, un’occasione unica per studiare i mattoni della torre da vicino. Così sono salita, e il direttore dei lavori mi ha parlato di un restauratore, Francesco Geminiani, e di un problema con Palazzo Paleotti, in piazza Verdi. L’ho conosciuto, aveva bisogno di un’analisi dei materiali, ma all’epoca era difficilissimo prevedere una voce del genere nei budget. Il patto è stato: lo faccio gratis, ma se funziona fondiamo una società...».

Gabrielli e Geminiani, se siete qua, vorrà dire che è andata bene...

«Forti di quell’esperienza, il 5 gennaio 2000 fondammo Leonardo con, in nuce, la sintesi della nostra idea: arte e scienza possono fondersi insieme».

Siete i soli a farlo?

«Più che altro è inedito il legame tra le due cose, poiché oggi esistono società di restauro e società di analisi. Noi nasciamo per unire le due cose».

In città vi ricordiamo per...?

«Abbiamo avuto la fortuna di lavorare con i palazzi più belli di questa città, dalle Porte a Palazzo Pepoli, dalla facciata di San Petronio a Palazzo Re Enzo, da San Colombano a Palazzo Fava, e poi molti altri luoghi in Italia ed Europa, dalle ville private alle moschee».

Più sono storici i palazzi e più sono complessi i restauri.

«Non è detto. Ad esempio è stato complesso e affascinante il lavoro fatto su Palazzo Barilli, sede oggi di Apple Store, in via Rizzoli. Un palazzo Novecentesto dove il lavoro fatto per uniformare le decorazioni della facciata ha seguito procedimenti molto simili a quelli in uso nell’edilizia storica».

Nell’immaginario comune, restauro vuol dire Firenze.

«Se è per questo, nell’immaginario il restauro si effettua con i microscopi e le pinzette, in una stanza asettica, con un camice bianco».

E nella realtà?

«Ci si sporca le mani. Si vive sui cantieri, tra la polvere, affrontando rischi, problemi e complessità burocratiche. Un lavoro che richiede perizia, pazienza, passione. È un lavoro che occorre amare. È anche il motivo per cui non ci appoggiamo a esterni: tutti, sui cantieri, devono avere conoscenza e dimestichezza con i materiali storici».

Come sta Bologna?

«Il lavoro che Comune e privati stanno facendo sui palazzi negli ultimi anni è prezioso. Soprattutto oggi, in un’ottica turistica. E poi ci sono i Portici, e le torri, beni inestimabili».

Cosa uccide i nostri gioielli?

«Lo smog su tutti, soprattutto per i portici, dove ristagna con più facilità. Ma poi ci sono le piogge acide, le vibrazioni e il rumore eccessivo».

E cosa possiamo fare?

«Uscire dalla logica del restauro d’emergenza, anzitutto. L’unica soluzione è la manutenzione: un lavoro costante e periodico che a lungo termine permette un risparmio anche sui costi e sui tempi di restauro. Basta capirlo».

DI SIMONE ARMINIO