Villa Salina a Castel Maggiore, in scena Macondo. “Così il teatro incontra la letteratura“

L’associazione ’Tra un atto e l’altro’ mette in scena in due parti ‘Macondo ’. Angela Malfitano: “È un romanzo attuale intriso di realismo magico“

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Bologna, 20 luglio 2022 - La giungla colombiana si sposta fra gli alberi rigogliosi del parco storico di Villa Salina a Castel Maggiore . Perché è qui che nei weekend di fine luglio viene presentato in due parti (la prima è in scena da domani a sabato, la seconda dal 28 al 30 luglio) lo spettacolo Macondo , ovvero un omaggio a Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez . Impresa improba quella di raccontare sul palco le suggestioni di un romanzo fondante della cultura del Novecento (è uscito nel 1967, è stato tradotto in 46 lingue e tutt’oggi pare abbia venduto ben più di 50 milioni di copie ), ma impresa possibile se ad affrontarla è un gruppo di attori collaudati che da diversi anni lavora sulla teatralizzazione dei grandi classici. Il progetto Tutto il mondo è un teatro è in effetti unico in Italia. Dal 2015, una volta all’anno, un gruppo di attori professionisti si ritrova per allestire in modo collettivo uno spettacolo che mette in relazione scena e letteratura: così è stato per Guerra e pace e per Frankenstein e così sarà per Macondo . A ricordare le vicende lunghe sette generazioni della famiglia Buendia è un ensemble costituito da Maurizio Cardillo , Fabrizio Croci , Oscar De Summa , Angela Malfitano (che con Francesca Mazza è stata fondatrice dell’associazione Tra un atto e l’altro , da cui tutto è cominciato) e Gino Paccagnella , affiancati dalla collaborazione drammaturgica di Mario Giorgi . A loro in scena si aggiungono quest’anno le new entry di Tita Ruggeri ed Elena Natucci . Malfitano, come mai una ‘mise en espace’ suddivisa in due parti? "È stata la densità del romanzo a suggerirla. La prima parte si chiude con la parabola di Aureliano Buendia , l’uomo sfuggito a 14 attentati, 73 imboscate e a un plotone di esecuzione a cui sono dedicate le prime parole del romanzo. La seconda parla dei tempi nuovi in arrivo, quelli del treno, dei commerci e delle grandi coltivazioni pronte a distruggere la natura. In parte ci affidiamo alla lettura, in parte alla performance. È interessante vedere come la pratica di attori così diversi approdi alla fine a scelte comuni".

Da sempre Macondo viene identificato come un luogo utopico e rivoluzionario. È ancora così?

"L’attualità di questo romanzo sta proprio in una società che si disgrega e fatica a trovare un senso a una vita incoerente. È esattamente quello che capita a noi, stretti fra pandemia, guerra, siccità e bassa politica. Nel romanzo è la solitudine degli uomini e delle donne, legati in modo passionale al loro villaggio, a prendere il sopravvento nell’arco di cent’anni".

È questa solitudine la ragione che vi ha spinto a teatralizzare la narrazione?

"In un certo senso sì, ma nelle pagine di Marquez c’è molto altro, a partire dall’aspetto fantastico e dal realismo magico che permea la storia. E poi c’è quel gioco ironico sui nomi attorcigliati e sulle stirpi confuse che diventa davvero molto teatrale. Ma è soprattutto la riscoperta di un mondo innocente e condiviso a regalare immagini indimenticabili".