Addio a Rimbano: prima terzino, poi manager

Aveva 73 anni, col Bologna era stato uno dei protagonisti della Coppa Italia del ’74. Aveva poi lavorato nell’azienda della famiglia Seràgnoli

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Si è spento nel silenzio della sua villa sui colli, lontano da quel clamore che da calciatore aveva sempre guardato con sospetto e che ha tenuto alla larga anche dopo, quando al calciatore era subentrato il manager d’azienda, marito di una donna dal cognome importante, non meno allergica ai riflettori di lui.

Il filo conduttore della vicenda umana e sportiva di Angelo Rimbano è stata la discrezione. Per quasi mezzo secolo Rimbano ha vissuto all’ombra delle Due Torri avvolto da una ricercata invisibilità. E in punta di piedi se n’è andato, all’età di 73 anni, l’ex terzino sinistro del Bologna che il 23 maggio 1974 a Roma, battendo il Palermo ai rigori, aveva alzato al cielo la Coppa Italia.

Angelo Luigi Rimbano, ‘Luigino’ per gli amici d’infanzia, era nato a Contarina (Rovigo) il 28 gennaio 1949. Il padre Antonio arbitrava in serie C e lo avviò al calcio nelle giovanili del Padova, dove bazzicavano, tra gli altri, Sergio Buso e Albertino Bigon, il padre del diesse rossoblù Riccardo.

Dopo l’esordio in B col Padova l’affermazione arriva nei quattro anni di serie A al Varese, dal 1968 al 1972. Poi una stagione al Napoli ("ribelle con la Porsche", lo etichettarono i giornali dell’epoca) prima dell’approdo, nell’estate del 1973, al Bologna di Pesaola che aveva appena congedato Adriano Fedele.

La prima stagione è da protagonista: 27 presenze in campionato, e 2 reti, più gli 11 gettoni in Coppa Italia, in un Bologna che accoglie i giovanissimi Eraldo Pecci e Franco Colomba. Ma al secondo e ultimo anno in rossoblù Rimbano le gare diventano sempre meno.

Poi c’è il matrimonio con Daniela Seràgnoli, sorella dell’ex patron della Fortitudo Giorgio.

L’occhio di Angelo da allora comincia ad essere rivolto anche all’azienda, una delle tante ramificazioni del colosso GD. Un breve deja vu col Varese e due stagioni al Modena all’età di 29 anni lo consegnano a una carriera da manager, alla villa sui colli, ma soprattutto a quella riservatezza da cui non è mai più uscito, nemmeno nel giorno del suo congedo terreno.

Massimo Vitali

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