Addio a Piero Gnudi, il presidente del Bologna che portò i libri in tribunale

Numero uno dal 1991 al 1993 negli anni tormentati del Bologna dei casilliani. Si è spento a 76 anni nella sua casa del Ravennate

Piero Gnudi

Piero Gnudi

Bologna, 26 gennaio 2022 - La retrocessione in C e i libri portati in tribunale, nel giugno del 1993, sono stati per trent'anni il suo grande cruccio. Piero Gnudi, che è stato presidente del Bologna per due stagioni dal 1991 al 1993, si è spento ieri all'età di 76 anni. Bolognese doc, da più di vent'anni Gnudi si era trasferito nel Ravennate. Presidente del Bologna lo era diventato nel 1991, chiusa l'era Corioni, con compagni di avventura Valerio Gruppioni e Vittorio Wanderlingh, entrambi poi usciti di scena quando la 'triade' non sopravvisse ai dissidi interni e il club divenne sempre più il Bologna dei casilliani.

Furono anni difficili e turbolenti, vissuti sotto l'ombra di Pasquillo Casillo, il re del grano già presidente del Foggia di Zeman che avrebbe dovuto garantire l'impalcatura finanziaria a sostegno di Gnudi, ma che di fatto non impedì a quel Bologna di rotolare mestamente verso la retrocessione in C e il fallimento. In panchina, in quelle due tormentate stagioni di B, si avvicendarono Maifredi, Sonetti, Bersellini, Cerantola e Fogli: un tourbillon che non portò mai risultati, con la squadra più impegnata a cercare di riscuotere gli stipendi che a correre sul campo. E Gnudi che subì l'onta macabra del manichino col suo nome appeso a una corda calato dal tetto della tribuna del Dall'Ara dai contestatori della curva in un Bologna-Fidelis-Andria passato tristemente alla storia.

Gnudi, che come raccontava spesso si era innamorato del Bologna a sei anni con una folgorazione al Dall'Ara (quando ancora si chiava Comunale), aveva ingoiato il rospo e aveva pagato il peso del fallimento, di fatto aprendo involontariamente la strada all'avvento di Giuseppe Gazzoni, che nel luglio del 1993 rilevò il club dal tribunale insieme ai soci delle Coop.

Trent'anni fa Gnudi si divideva tra l'attività di imprenditore nel ramo cereali e quella di immobiliarista. Poi si era trasferito nel Ravennate, dove viveva in campagna a contatto con la natura. Lo ha consumato una lunga malattia. Lascia quattro figli, l'impronta di un uomo dall'eleganza sempre impeccabile, un carattere spigoloso, l'attitudine a gettarsi sempre a capofitto in nuove avventure, ma anche quel cruccio di aver accompagnato il Bologna negli anni più difficili della sua storia.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro