Recalcati, il coach che ha cambiato la storia

Charly regala il primo scudetto alla Fortitudo nel 2000. Dopo tre finali perse, tranquillizza Myers & Co e li guida al trionfo su Treviso

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di Alessandro Gallo

Campione e galantuomo. Forse la sintesi più veloce ed efficace per descrivere il personaggio Carlo Recalcati, prima giocatore e poi allenatore (segue dibattito: più grande l’atleta o il successivo coach?).

Per tutti è semplicemente Charly: è nato a Milano l’11 settembre 1945. La grandezza di Charly, la capacità di dialogo – come uomo e come allenatore – la si tocca con mano nel tardo pomeriggio del 20 maggio 2000. E’ l’anno del Giubileo ma, soprattutto, è la stagione nella quale la Fortitudo ha dimostrato di essere la squadra più forte, al punto che lo sponsor di quella stagione, Paf, diventa per alcuni una sorta di acronimo, "Provate a fermarci".

In quel pomeriggio si consuma il primo atto della finale scudetto: da una parte la Fortitudo di Myers e Basile, Jaric e Fucka, Galanda e Vrankovic, Pilutti e Gay, Anchisi e Ruggeri (Karnisovas, titolare nel ruolo di ala piccola, è infortunato), dall’altra la Benetton Treviso di Edney, Traina, Pittis, Nicola e Marconato allenata dal bolognese Piero Bucchi.

Sembra l’inizio di una cavalcata trionfale: all’intervallo i veneti sono avanti, 34-39, alla fine è pure peggio, 72-79. Non è tanto la sconfitta – ce ne sono state altre durante quella stagione – sono i volti e le espressioni a far paura. Soprattutto quelle dei tifosi, che pensavano di assistere a un film già visto tre volte con le finali scudetto perse nel 1996 (Olimpia Milano), nel 1997 (proprio la Benetton Treviso) e 1998 (quella più bruciante, il tiro da quattro di Sasha Danilovic).

Senza dimenticare che, dodici mesi prima, contro lo stesso avversario, ma in sede di semifinale, arriva la stoppata di Marconato a spegnere i sogni di Karnisovas e della Fortitudo di Pero Skansi. E’ solo 1-0 per Treviso, ma molti tifosi vedono già lo spettro della quarta finale persa. Una sorta di maledizione impossibile da cancellare. Forse, quella maledizione, pesa sulle spalle di un gruppo abituato a restare al top fino alla fine, per poi fermarsi sul più bello.

Per farla breve, hanno tutti paura. Tutti tranne uno. Un distinto signore che l’anno prima è riuscito a vincere lo scudetto a Varese, mettendo insieme un’autentica banda di ‘matti’, da Pozzecco a Meneghin, da De Pol a Galanda, senza dimenticare Zanus Fortes.

Charly risale la scaletta del PalaDozza. L’umore non è dei migliori perché ha appena perso gara-uno. Ma quando vede quel ‘mortorio’ capisce che deve fare qualcosa. Comincia a sorridere, stringe decine di mani, dispensa pacche sulla schiena. E, da fine psicologo qual è, ricarica tutti. Prima il pubblico – perché i tifosi della Fortitudo sono storicamente il sesto uomo – poi la squadra. Così, Treviso, che pure ha vinto gara-uno, incassa, una dietro l’altro, tre sconfitte. E’ il 30 maggio 2000 quando la Paf viola, per la seconda volta in pochi giorni, il Palaverde. E’ il 3-1 che regala all’Aquila il primo scudetto. Il tabù tricolore viene cancellato (dopo la Coppa Italia del 1998 e la successiva Supercoppa) mezza città è in festa.

Si organizza persino un’amichevole-festa, con un’Apecar che irrompe al PalaDozza, un gavettone per Giorgio Seràgnoli, mentre qualche ora dopo un camioncino si incarica di portare Recalcati e i suoi ragazzi in trionfo. Partenza da via Nannetti, poi Piazza Azzarita, via Riva Reno e via San Felice. E ancora via Ugo Bassi fino a quando il camioncino, con Charly e i suoi ragazzi, arriva ai piedi del Nettuno.

Se esplode la festa Fortitudo lo si deve proprio lui, all’allenatore galantuomo. Al giocatore che, con la maglia di Cantù sulle spalle, ha fatto la storia di un piccolo paese di provincia, vincendo due scudetti, tre Coppe delle Coppe, tre Coppe Korac, una intercontinentale.

Dopo una vita da giocatore in Brianza, chiude la carriera a Parma, dove comincia subito ad allenare. Poi Bergamo (Alpe), Cantù, Reggio Calabria, Arese, Bergamo (Celana), Varese e appunto Fortitudo. Resta solo due anni: paga il Grande Slam bianconero del 2001. La società si mette sulle tracce di Repesa e lo fa sentire sulla graticola. Poi, dopo un mese da allenatore di fatto esonerato, si trova ancora sulla panchina Fortitudo. Galantuomo sì, ma anche tecnico ferito. Charly convoca una conferenza per spiegare le sue ragioni di coach perplesso per la piega che ha preso una stagione non ancora iniziata.

Le ragioni di Charly non collimano con quelle dell’Aquila e se Repesa alla fine (almeno in quel frangente) non arriva, è pronto Boniciolli. L’unico errore (vero), Recalcati lo commette credendo alle parole di Domenico Barbaro, neopresidente della Viola Reggio Calabria. Mimmo Barbaro è l’uomo che, sulla carta, potrebbe portare lo scudetto nello Stretto perché oltre alla guida di Charly assicura le presenze di Myers e Sabonis, Bullock e Pozzecco, Varejao e Miller. Non è vero niente, purtroppo per Recalcati: Charly ricomincia dalla Nazionale e da Siena.

A Siena vince il suo terzo scudetto in tre città diverse (prima di lui solo Valerio Bianchini, dopo solo Ettore Messina), con gli azzurri vince il bronzo agli Europei 2003 e l’argento ai Giochi di Atene. Avrebbe potuto essere il primo coach a conquistare lo scudetto in quattro piazze diverse se Luigi Brugnaro non lo avesse esonerato dalla guida di Venezia, Ma questa è un’altra storia. Adesso il Poz l’ha richiamato in nazionale come senior assistant. Vuoi vedere che, dopo anni di vacche magre, anche l’Italia torna sul podio? Agli ultimi Europei ci siamo andati vicino.

(30. continua)

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