Cesena, 28 febbraio 2019 - Mentre in città ormai impazza il dibattito su come debba essere scritto il nome di Cesena in dialetto nella nuova fioriera che abbellirà il quarto lato di piazza del Popolo, dalle parti di Palazzo Albornoz è pronta a partire la fase due del progetto. Finirà oggi, infatti, la possibilità di indicare una propria variante, e da domani saranno aperte le ‘urne’ di una vera e propria consultazione che porterà, finalmente, a una scelta definitiva.
I residenti che abbiano compiuto i sedici anni di età potranno votare online, venerdì 1 marzo e per una settimana, si aprirà la fase di voto, secondo la metodologia già sperimentata con ‘Carta Bianca’. In più sarà possibile votare anche in modalità cartacea, ritagliando e portando in Comune il coupon che i lettori possono trovare sul Carlino oggi e nei prossimi giorni, partecipando al sorteggio di una maglietta con il nome di cesena in dialetto.
Sei le possibilità tra cui scegliere: ‘Ciséna’ e ‘Cisàina’, ‘Ziséna’, ‘Ziseina’, ‘Zizéina’ e ‘Ceséna’. Tutte ipotesi – questa è la particolarità che colpisce in positivo – che i cesenati hanno suffragato da ragionamenti linguistici e storici e da motivazioni ragionate.
Le regole fonologiche, spiega oggi sul Carlino il dialettologo dell’Alma Mater Fabio Marri, farebbero propendere per Zisaina. Ma «anche questa versione è opinabile – ragiona il docente –, perché nell’impossibilità di risalire oggi a una lingua cesenate pura e dunque non modificata dagli interventi esterni, l’ultima parola spetta ai parlanti cesenati».
Nel frattempo è entrato in argomento anche lo scrittore bolognese Danilo Masotti, ‘inventore’ del termine ‘Umarells’... con tutto ciò che questo neologismo ha scatenato tra i puristi. Ecco il suo parere: “La gente non parla più il dialetto. Il dialetto sta scomparendo. È vero? Non è vero? Vero o non vero, col dialetto non si scherza e non mi stupisco del dibattito che si sta consumando sul tema: ‘si dice Ciséna’ o ‘Cisàina’, oppure ‘Ziséna’, ma anche ‘Ziseina’? Questi sono gli argomenti che toccano le corde del popolo, mica altri, perché sono argomenti identitari, territoriali che scaldano gli animi e che nell’era dei social scatenano risse virtuali e non. La mia solidarietà va al sindaco Paolo Lucchi, costretto a proporre un referendum per decidere la dicitura preferita dai cesenati. Ma io dico, non lo sapeva che avrebbe scatenato questo putiferio?
Conosco la problematica del dialetto. Anni fa presi a prestito la parola umarèl (che significa omarino, ometto, uomo da poco), la stravolsi, aggiunsi una “elle” che la trasformò in umarell e non pago, aggiunsi una “esse” per creare il plurale come fanno gli inglesi. È così è nato il termine Umarells che, semplificando, indica i pensionati a zonzo per le strade della città in cerca di cantieri e di operai da bacchettare (ma c’è molto di più, Umarells si nasce, l’età è solo un dettaglio). E li celebra.
Era il 2005. Non vi dico il polverone che ho sollevato. E-mail di minacce, insulti dei puristi del bolognese doc, messaggi sui social, lettere al Carlino: il plurale è ‘umarì’, ‘umarèl’ è con una ‘l’ sola, c’è anche ‘umarcèin’... E mi fermo qui, anzi no, vi dico che il 14 aprile 2018 a Bologna è stata inaugurata piazzetta degli Umarells. Proprio così, con la ‘l’ e quella ‘s’ internescional. All’inaugurazione sono stato contestato dal Comitato ‘A tal dègh’ (l’avrò scritto giusto?) al grido di «Il plurale di umarèl non è umarells, si dice umarì!». È tutto questo è successo a me, solo uno dei tanti scrittori bolognesi. Sinceramente, non vorrei essere nei panni del sindaco di Cesena, al quale faccio i miei più sinceri auguri. Col dialetto non si scherza”.