Il mistero di Qumran tra fede e archeologia

Conferenza alla Malatestiana di Marcello Fidanzio, archeologo e teologo, sul ritrovamento degli antichi rotoli del Mar Morto

Migration

di Elide Giordani

E’ un’emozione palpitante quella che ancora vibra intorno alla più grande scoperta del XX secolo: il ritrovamento dei mille rotoli di Qumran coevi alla nascita di Cristo.

In alcune grotte impervie del paesaggio incandescente del Mar Morto, in Cisgiordania, il ritrovamento casuale del 1947 getta una luce vivida sull’ebraismo ai tempi di Gesù di Nazaret e, dice il professor Marcello Fidanzio, archeologo e docente di Teologia a Lugano (oltrechè direttore del programma di pubblicazione degli scavi alle grotte di Qumran), "ferma le speculazioni dei filologici laddove arbitrariamente hanno ‘interpretato’ passi della Bibbia. Prima, infatti, non si avevano a disposizione fonti tanto antiche e la stessa Bibbia era conosciuta attraverso codici medioevali".

Il professor Fidanzio sarà a Cesena (Aula Magna della Malatestiana, questo pomeriggio alle ore 17,30) in occasione della Giornata europea della cultura ebraica.

Professor Fidanzio, cosa si può raccontare di nuovo intorno ai rotoli di Qumran?

"Tutto il processo di scoperta e acquisizione dei Rotoli è stato un’avventura umana singolare il cui risultato ha offerto tante informazioni preziose per la conoscenza del tardo periodo del secondo Tempio, ossia quello che culmina con la distruzione di Tito nel 70 d.C., un periodo assiale per lo sviluppo del giudaismo e per il cristianesimo. Ho un grosso progetto di pubblicazione sull’archeologia dei luoghi dove sono stati trovati i manoscritti, torneremo alle grotte per ricostruire il contesto archeologico alla luce delle domande odierne, più compiute rispetto a quelle sollecitate nelle prime generazioni degli archeologi e alle scoperte iniziali da parte dei beduini".

Scopriremo perché questa straordinaria collezione di rotoli si trovava nelle grotte di Qumran?

"E’ l’oggetto nel nostro studio attuale. Cercheremo di scoprire chi ha posizionato questi manoscritti nel deserto e perché. Di fatto i rotoli non raccontano la loro storia. E’ l’archeologia che ci deve aiutare a capirla".

Se i rotoli fossero stati scoperti duemila anni prima avrebbero potuto cambiare la storia delle due religioni che vi si riflettono?

"No, perché quando le due religioni hanno imboccato strade parallele questi documenti ce li avevano in mano. Siamo noi a posteriori che abbiamo bisogno di capire cosa è successo per definire meglio la nostra identità e la nostra relazione gli uni con gli altri".

Divulgare la storia dei rotoli è una questione storica o anche religiosa?

"La questione non si pone per me, sono teologo e archeologo. Comunque per fare una ricerca su questo tema non è richiesta la fede".

Un ritrovamento tanto eccezionale che ci porta direttamente all’epoca di Gesù rafforza o sminuisce la fede?

"Dipende dalle domande con cui si arriva a questi testi e a questi oggetti. C’è chi ne esce rafforzato e chi ha bisogno di ristrutturare una fede che resta uguale ma ha necessità di una riformulazione più adulta, all’altezza della complessità che si trova di fronte. Alcune formulazioni di un secolo fa oggi le troviamo ingenue. Infine c’è chi non è sfiorato dalla questione religiosa".