
Da sinistra l’ex broker Silvio Vannini e il suo legale, l’avvocato Giordano Anconelli
Cesena, 28 novenbre 2019 - E’ un lungo calvario quello raccontato ieri da Silvio Vannini nell’aula del tribunale di Forlì dove si sta svolgendo il processo che lo vede imputato di truffa nei confronti di 92 persone per un importo totale di 9,6 milioni di euro. L’ex promotore finanziario di San Piero In Bagno, 65 anni, che dal 2015 vive in strutture di recupero dalla ludopatia, ha ripercorso quasi una ventina d’anni, da quando giocò per la prima volta alle slot machine in Croazia entrando nel casinò con con 500 euro in tasca e uscendo con 18.000.
«Fu quello l’inizio della rovina mia e della mia famiglia», ha spiegato Vannini rispondendo alle domande del suo avvocato difensore Giordano Anconelli, del pubblico ministero Marina Tambini, degli avvocati di parte civile che rappresentano alcuni risparmiatori truffati e le banche per le quali Vannini ha lavorato e poi utilizzato per fare i raggiri (ma le stesse banche sono state costrette a intervenire nel processo e potrebbero essere chiamate a risarcire i risparmiatori in caso di condanna di Vannini) e del giudice monocratico Nicolò Marcello che sta procedendo a tappe forzate per chiudere entro l’anno questo processo iniziato nel 2016.
Silvio Vannini, che poche settimane fa ha subìto la prima condanna a un anno e mezzo di reclusione per aver evaso le tasse sui soldi sottratti ai clienti, ha raccontato di essere entrato al Casinò di Venezia 1.567 volte dal 2007 al 2017: «Partivo al mattino da casa come per andare in ufficio e arrivavo a Venezia alle 11, orario d’apertura. Fino alle 18 giocavo ininterrottamente sempre alle stesse quattro slot di un privé: sette ore senza mai staccare le dita dai tasti neppure per andare in bagno o fumare una sigaretta, nonostante io fossi un fumatore incallito. Pur di giocare portavo contanti, assegni circolari dei clienti che facevo intestare alla sigla della società del Casinò, e assegni miei che a volte venivano corretti nei giorni successivi in caso di vincite o perdite». Vannini ha raccontato che molto spesso la giornata si chiudeva in perdita (fino a 70mila euro) e talvolta il casinò gli prestava 500 euro (il ‘viatico’) per tornare a casa.
Prima dell’ex broker aveva deposto Camilla Clerici, responsabile dell’ufficio legale di Banca Consulia, l’ultimo istituto per il quale Vannini lavorò dal 2010 al 2014 facendo soprattutto il coordinatore e reclutando promotori finanziari di altri istituti. «All’inizio guadagnavo 300.000 euro all’anno – ha detto Vannini – ma alla fine ero arrivato a 6.000». Anche ieri lo psichiatra Alessandro Meluzzi, autore di una consulenza che indicava Vannini come affetto da una gravissima forma di ludopatia, non ha risposto alla convocazione. Al suo posto ha testimoniato lo psicoterapeuta ravennate Gian Luigi Casadio, ma senza poter toccare il caso specifico.