Cesena, l'azienda e il tampone obbligatorio. "Quasi tutti abbiamo il Green pass"

Alla Suba Seeds su 180 dipendenti solo tre in ferie e gli altri al lavoro: "Priorità alla salute"

Suba Seeds di Longiano

Suba Seeds di Longiano

Longiano (Forlì-Cesena), 24 agosto 2021 - Dai cancelli della Suba Seeds, azienda cesenate leader nel settore delle sementi, si esce in fretta, accelerando il passo pur di non fermarsi a parlare. Nello stabilimento che si affaccia sulla via Emilia è appena terminato il primo giorno di lavoro caratterizzato dall’obbligo di presentare il Green pass o un tampone negativo al coronavirus: un caso probabilmente precursore a livello nazionale, davanti ai quali i lavoratori direttamente interessati però glissano.

O per lo meno lo fanno nelle vicinanze dello stabilimento, perché lontano dagli occhi elettronici delle telecamere della videosorveglianza (e di quelli umanissimi dei colleghi di reparto) qualcuno pronto a dire la sua c’è: "Stiamo lavorando praticamente tutti, perché praticamente tutti abbiamo il green pass. Su 180 persone impiegate, fino a qualche giorno fa erano una decina a non essere stati ancora vaccinati".

Secondo altre stime sempre filtrate dall’interno dell’azienda, nelle ultime ore il numero si sarebbe ulteriormente ridotto a tre. Tre persone che ieri erano in ferie. "Non contesto – riprende il racconto del lavoratore – le occhiate di chi teme per la propria salute rivolte a chi ancora non ha ricevuto il siero e quelle di rimando di chi non gradisce interferenze sulla sua sfera sanitaria personale: il clima tra colleghi è buono e questo è l’essenziale. C’è però il fatto che molti dichiarano apertamente di essere andati a vaccinarsi con grande preoccupazione e di averlo fatto esclusivamente per non rischiare di perdere il posto. Questa è discriminazione".

Nonostante il ‘caso Green pass’, il giudizio dei lavoratori sull’azienda resta comunque ampiamente positivo: "L’attenzione verso di noi è sempre stata altissima. In passato per esempio, la direzione decise autonomamente di sostituire un macchinario riducendo la produzione, pur di aumentare gli standard di sicurezza. Giù il cappello. E anche in questo caso le motivazioni sono in chiave positiva: i responsabili cercano di tutelare la salute del personale. Ma il punto è che qualcuno può non essere d’accordo".

La linea, che sposa quella indicata dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi, potrebbe essere scelta anche da altre aziende già nel prossimo futuro, ragion per cui i sindacati sono particolarmente attenti: "Il tema è grave al di là dei numeri – spiega Gianluca Bagnolini della Fisasca Cisl – perché è inaccettabile che in questo ambito l’azienda prenda decisioni unilaterali. Tanto più che la legge stabilisce che tutto ciò che concerne i dispositivi di sicurezza sia a carico del datore di lavoro e dunque è inammissibile che ai lavoratori senza Green pass venga chiesto di sostenere i costi relativi ai tamponi".

Questo è uno dei punti principali dei quali si discuterà in due incontri fissati domani tra lavoratori e sindacati e giovedì tra sindacati e azienda. La linea pare in effetti essere quella che ad occuparsi dei costi dei tamponi di chi è ancora senza green pass, possa essere la stessa Suba.