Un museo del ciclismo in Romagna

Romagna mia, sì. L’hanno cantata ieri a Forlì all’uscita del feretro di Ercole Baldini. L’orgoglio di una terra che a giorni alterni vorrebbe anche una sua piccola autonomia dalla amata-odiata Emilia, non si è costruito solo a suon di piadina, mare, sole, discoteche e liscio. C’è anche (o soprattutto) la bicicletta. Campioni, storie, eventi: un elenco interminabile e glorioso. Che però non si è ancora riusciti ad unire in un percorso unico, in una rete, in un museo. Ciò è stato fatto in regione (giustamente) per il cibo (Food Valley), per i motori (Motorvalley), per la ceramica (il super distretto) o per l’aceto balsamico: possibile che non si possa inventare qualcosa del genere anche con le biciclette? Esistono già tante belle cose, un miliardo di belle cose:  basterebbe legarle con un filo comune. E non sarebbe male se fosse il pubblico (la Regione, insieme magari ai sindaci) a muoversi. Al cimitero di Cesenatico, a distanza di quasi vent’anni dalla morte di Pantani, continua a esserci un pellegrinaggio di centinaia di persone che vanno a trovare il Pirata; lì vicino c’è pure un museo e il Comune ha dato una mano, certo, così come ci sono anche il museo privato di casa Baldini o la biglia del Pirata a Imola, che vedono tutti dall’autostrada. Ieri, abbiamo salutato un monumento dello sport italiano, non solo romagnolo, morto cinque mesi dopo Arnaldo Pambianco, altro mito. Due campionissimi di questa terra piena zeppa di giganti. Si è detto di Marco Pantani, ma non ci fermiamo lì. Non si sa perché, ma in Romagna sono nati e continuano a nascere dei fenomeni del ciclismo. In questa pagina vi mostriamo dieci foto di big delle due ruote che sono figli di questa terra. Ci sono pionieri, a volte eroi straordinari, uomini da leggende popolari. Tutti con un soprannome in dialetto, perché in Romagna andava e va di moda così. Pambianco era ‘Gabanin’, Mario Vicini ‘Galbéra’, Giuseppe Minardi ‘Pipaza’, Michele Gordini ‘Bucàza’. Tutta gente che ha vinto e stravinto. E pensate che Bucàza (Budrio di Cotignola, 1896-1970) entrò nella storia per una fuga storica al Tour de France, durata quasi 300 km. Un record. ‘Bucàza’ battè anche un cavallo in una corsa di 1,5 km ai Navigli, quando ancora queste sfide non erano in auge. E soprattutto rifiutò un superpremio fascista di mille lire perché aveva fatto 17 (sì diciassette!) figli. Mille lire di ieri oggi varrebbero migliaia di euro, ma lui non voleva confondersi col regime. Disse no. Chapeau. Sono tanti anche gli eventi, perché la Romagna resta l’ombelico del mondo delle due ruote. Prendiamo il cicloturismo: è diventato un modello internazionale. Arrivano da tutto il mondo per la Via Romagna, ciclovia di 463 km che collega le province. Pedali e visite alle bellezze del luogo. Mangi nei posti più interessanti. E la Nove Colli di Cesenatico, vogliamo parlarne? Due esempi, potremmo farne mille. Che storie! Ecco, fra passato e presente ci piacerebbe, nel futuro più vicino possibile, avere una rete che ci possa raccontare in un sol colpo tutto ciò. Biciclette, maglie, trofei, filmati d’epoca, amarcord, documenti e magari poi ci si mette tutti in sella e si pedala insieme. E proviamo a riprenderci delle gare che abbiamo perso, anche se è vero che da qui passa sempre il Giro d’Italia e  presto arriverà anche il Tour de France. Ma la romagnolità erano anche la Coppa Placci, il Tendicollo. Resta il Giro dell’Emilia, sì, ma quello è appunto Emilia. Non c’è la parolina magica subito dopo: Romagna. Con o senza il trattino.